Tutto buono e non si è pagato tanto, andiamo al bar
che fuori fa troppo caldo e riprendiamo il racconto davanti ad un paio di
bottiglie di birra.
Quindi eravamo alle vecchie babbione inglesi, in
quella locanda si fermavano un sacco di pellegrini anche a colazione, Rabanal è
un piccolo paese medievale molto bello, pulito, ordinato, silenzioso ed
attrezzato per accogliere i pellegrini, c’è la cucina e le vettovaglie, per cui
all’ora di cena c’è la possibilità cucinare qualcosa.
La sveglia arriva quando il sole non fa ancora
capolino, senza fare troppo rumore vai fare colazione e ricordo che quella
mattina hanno preparato del pane fritto nel burro, con spalmata sopra della
marmellata, una
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benedizione per affrontare la salita verso la Cruz.
Mentre facevo colazione mi sono ricordato che era
il giorno del mio compleanno, la vescica faceva ancora male, così ho sostituito
le scarpe con dei sandali da trecking e devo dirti che camminavo molto meglio.
La salita non era molto impegnativa e in un paio
d’ore sono arrivato alla Cruz de Hierro, faceva freddo, c’èra la nebbia e
sembrava volesse piovere, mi sono fermato una mezz’oretta a contemplare la
bellezza del paesaggio prima di partire per Manjarin, dove poi finalmente comincia
la discesa fino a Molinaseca.
Anche se in discesa è lunga ed estenuante, in
alcuni punti è ripida e insidiosa, sul percorso mi fermo con gli altri
pellegrini a El Acebo, per mangiare un panino e fare una pausa, qui conosco Paula.
Paula era una pellegrina che viaggiava anche lei da
sola per andare a Santiago, lei si era seduta occasionalmente accanto a me e
poi sai le solite cose: che caldo, mi fanno male i piedi, viaggio da sola
anch’io, buono questo panino, ci voleva proprio e poi abbiamo ripreso la discesa
insieme.
Da dove vieni mi chiede giustamente Paula
accorgendosi del mio spagnolo stentato, io gli ho detto che venivo dal mare e
gli ho spiegato che mi piace andare per mare, che avevo questa curiosità
mistica di visitare Santiago e così ho ormeggiato la barca a Noia ed eccomi qua,
ma scappo da Parigi e tu?
Lei mi ha risposto che non è andata mai per mare, che
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sentiva il bisogno di fare questo pellegrinaggio e usando
un mio termine marinaro, mi ha detto di avere ormeggiato il marito a casa ed era
la anche lei.
Quindi sposata!? gli faccio io e lei mi risponde, si
tu invece no, come l’hai capito, ribatto io e lei con aria di superiorità mi
dice: dimentichi che sono una donna?
Questa cosa bene bene non l’ho capita, ma siamo
andati avanti chiedendogli: che fai nella vita, quanti figli hai e giù tutte le
cazzate possibili per tenere viva una discussione.
Nel frattempo sento un dolore ai muscoli dei
polpacci che mi porterò fino alla fine, dopo quattro ore di discesa eravamo
veramente stanchi, vedevo gli altri pellegrini che si fermavano, mentre il mio
ginocchio sinistro stava per andare fuori uso.
Dovevo fasciarlo, mi faceva male e fu allora che mi
sono detto: ”ma chi me l’ha fatto fare”, mi sono
fermato e Paula mi ha aiutato a fasciare il ginocchio, non fare nessuna battuta
delle tue, se no smetto di raccontarti.
Finalmente siamo arrivati a Molinaseca, ancora altri
5 o 6 chilometri e saremmo arrivati a Ponferrada, ma questo tratto è stato
terribile, dolori fortissimi al ginocchio e ai polpacci, mi sento mancare il
fiato e anche le energie.
Lo so! chi me l’ha fatto fare, ma a saperle certe
cose, comunque, siamo riusciti a trovare posto nell’albergue municipal che non
è l’Hilton, è una grande camerata da un’ottantina di posti e tutti che
russavano.
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Anche qui accettavano offerte, tutto era pulito,
c’erano tante docce e potevi utilizzare la cucina e il pentolame e poi c’era
pure un più pratico distributore di bibite e snack e una grande vasca posta al
centro del cortile, dove tutti stremati dalla fatica, abbiamo messo le gambe in
quell’acqua fredda rigenerante.
Il giorno successivo al mio compleanno era
ferragosto, il castello dei templari costeggia il percorso e ho così modo di poterlo
ammirare, la giornata era molto calda e devo ringraziare Paula che mi spronava
parlandomi e segnandomi il ritmo.
Affronto la penultima salita oramai allo stremo e
arriviamo alla stupenda Villafranca del Berzo, forse la cittadina più bella
incontrata, la sera a cena andiamo nel ristorantino per un abbondantissimo
“menù del pellegrino” e li incontriamo 4 italiani.
Mangiamo tutti insieme ridendo e scherzando come
vecchi amici, vedi! La condivisione di quell’esperienza fatta di fatica,
dolore, paesaggi e speranze unisce e lega le persone.
Ripartiamo, la tappa è lunga e dura, la salita è
mostruosa, il paesaggio è incantevole ma io quasi non me ne accorgo dalla
fatica, comincio a perdere la cognizione del tempo e Paula si offre di farmi un
massaggio a piedi e gambe, zitto e non fare battute.
Facciamo due giorni di vero camminamento e
pellegrinaggio, io arrivo a Triacastela con la febbre e zoppicante, mentre si
affolla di turisti-pellegrini e da li
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fino a Santiago procediamo con un autobus
turistico, lasciandomi più di duecento chilometri alle spalle.
Le guglie e la cattedrale regalano qualcosa di unico, come un tonfo al cuore, abbiamo assistito alla toccante messa e alla benedizione del pellegrino, non sto qui a dirti cosa si prova quando si arriva alla porta d’ingresso.
La c’’è chi ride, chi corre, chi piange, chi si butta per terra, c’è chi come me si accende una sigaretta, siamo rimasti lì ancora un giorno per visitare la città e sul tardi pomeriggio siamo partiti per fare ritorno.
Durante il viaggio di ritorno in pullman con la mia nuova amica, non riuscivo a dimenticare i dolori, i luoghi, gli odori delle mucche e del metano, l’eucalipto e il rumore della corrente elettrica sotto i tralicci, i sorrisi e gli amici.
Ad un certo punto mi sono accorto di una situazione un po' strana e imbarazzante, Paula continuava a fissarmi con una certa insistenza, quelli sguardi cominciarono a stuzzicarmi e siccome di prove fisiche e spirituali durante il cannino ne avevo sopportate abbastanza e non avevo nessuna intenzione resistere a questa.
Paula era una quarantenne madre di due figli adolescenti, una donna con forti sentimenti religiosi e molto osservante, ma con un marito che non condivideva questo suo sentimento religioso e forse anche altri ed è proprio per questo mi sono stupito quando durante il viaggio in pullman verso Noia, gli sguardi di Paula hanno cominciato ad incontrarsi con i miei con troppa insistenza.
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Quello scambio di occhiate era il segno che era nata una particolare intesa fra noi, la trovavo una cosa strana, fino ad allora non mi aveva mai guardato in quel modo, non capivo o meglio capivo ma pensavo di avere capito male e comunque non volevo sbagliarmi.
Piano piano, a forza di sguardi e sorrisi non ho più avuto
dubbi, era una situazione che in un certo senso mi turbava, nel bene e male
anche se non era la prima volta e il pensiero di Fiorella non mi lasciava.
Ero certo che il suo fosse un esplicito invito, così con la
paura di sbagliare gli ho chiesto se gli andava di continuare il suo viaggio,
per trascorrere la notte in barca con me.
Lo so che ti stavi mordendo la lingua e che morivi dalla
voglia di chiedermelo se c’ero stato a letto, eccoti accontentato, ma non è
come pensi, vedrai, piuttosto andiamo a finire il racconto passeggiando che mi
sgranchisco un pò.
La nostra notte d’amore durò parecchio, quasi fino d’alba, mettila
così come dici, che eravamo arretrati da parecchio, quando ci siamo abbandonati
esausti uno di fianco all’altra, siamo rimasti senza parole fin chè non abbiamo
preso sonno.
Paula mi confessò che dopo sedici anni di matrimonio aveva
tradito suo marito, si sentiva profondamente in colpa e per una donna con rigidi
principi morali come lei non è cosa da poco.
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Sapevamo tutti e due che la nostra trasgressione non poteva
diventare una tresca e in lei cominciava ad insinuarsi qualche timido rimorso,
ci siamo dati un bacio sul pontile e lei è tornata a San
Xusto dove viveva, io sono tornato velocemente sull’oceano per recuperare
il tempo perduto.
Ho approfittato del mare ancora buono, ho preferito non
fermarmi a Porto e ho continuato per Lisbona, dove ho fatto la solita tappa di
rifornimento e per dormire a riparo dentro il porto.
La mattina dopo sono andato da Lisbona fino a Malaga, passato
lo stretto di Gibilterra e una volta nel mediterraneo mi sono sentito più
sicuro, dopo la sosta a Malaga mi sono diretto a Valencia e li mi sono fermato
per qualche giorno.
La mattina mi sono svegliato con la pioggia che mi ha
accompagnato anche per il tour del centro storico, ero già stato una volta a
Valencia ma per lavoro, l’unica cosa che avevo visto è stata la paella e quella
valenziana è la migliore in assoluto.
La pioggia disturbava un po' i miei piani, era domenica e per
usufruire dell’apertura gratuita dei monumenti ho invertito il mio programma
delle visite, così invece di cominciare dal parco oceanografico, ho cominciato
dalla celebre Lonja de la sede, ovvero il palazzo della seta.
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