Non è la sagra del signore degli anelli, la storia era lunga e ho voluto dividerla in due parti, prometto che dopo di questa non ci sarà ....ma vuje a tenite a fame 3.
Quindi eravamo arrivati al porto di Napoli e l'amico dello zio Tanino è venuto a prenderci, dopo avere ascoltato quanto ci era accaduto, con un sorriso beffardo ci chiese in napoletano se avevamo fame, domanda banale ma forse ci voleva "sfruculiare", io e il fratello di mio padre lo zio Matteo, ci siamo guardati sgranando gli occhi e in silenzio ci siamo detti, bene adesso si mangia.
Ci siamo accodati dietro allo zio Tanino, al suo amico e a mio padre, che si raccontavano allegramente di come stavano, di come gli andava la vita e gli affari, sarà stato per la stanchezza, per il maglione che pizzicava o perchè ero svuotato dentro, ma con tutti questi napoletani che parlavano in dialetto, mi è sembrato di stare a teatro, sul palco con Eduardo De Filippo.
Non so voi, ma camminare per le vie di Napoli o di Roma, è un po come stare su di un set cinematografico o teatrale, andavo dietro di loro ma mi sembrava come se non fosse vero, sembrava che tutti si fossero messi d'accordo di parlare in napoletano perchè c'eravamo noi, per intenderci come in "Benvenuti al sud", quando arriva la moglie di Bisio, pensavo che da un momento all'altro smontassero il set.
Invece no era Napoli, bello, bellissimo, peccato che loro come noi, debbano vivere la sporcizia, la delinquenza e così via, ma parliamo di cose più allegre, ad un certo punto l'amico dello zio Tanino, che per comodità chiameremo Gennaro, si ferma e ci ripete: ....ma vuje a tenite a fame ? io e lo zio Matteo con le ultime poche forze rimaste abbiamo risposto insieme, ....a teniamo.
Ancora uno sguardo d'intesa, convinti che saremmo andati in una pasticceria tipo quella di "Filumena Marturano" a mangiare la famosa pastiera napoletana e invece ci dice: bene ! prima vi porto però a vedere la mia ditta e poi andiamo a mangiare, certo avremmo preferito prima andare a mangiare e poi a vedere la ditta, ma oramai...., fu allora che mi accorsi, che il mio borsone pesava un accidente, forse era la debolezza, ma pesava.
Arrivati a destinazione, sopra la porta campeggiava la scritta "Gennaro onoranze funebri", ma porca di una miseria, dopo una nottata di quelle, proprio un imprenditore di onoranze funebri ci doveva capitare ? del resto lo zio Tanino, con l'avvento dell'automobile, aveva visto la fabbrica dei carretti in difficoltà ed era passato a scolpire casse da morto ed è li che si saranno conosciuti.
Abbiamo visto una ventina di casse da morto, di dentro e di fuori, la qualità del legno e i colori della vernice, i fregi e le rifiniture, ma di mangiare non se ne parlava, usciti dalla ditta eravamo convinti di andare a mangiare e invece ci disse: prima di andare a casa vi faccio vedere il deposito, tanto è sulla strada, lì c'erano un centinaio di casse e ancora discussioni tecniche sulla lavorazione, i materiali eccetera.
Eravamo, stanchi, zozzi e morti di fame e andavamo in giro per "casse da morto", come se fosse la quinta essenza del divertimento, io poi con quel borsone che pesava un accidente e mi chiedevo continuamente, che cosa ci sarà mai, cosa ci ha potuto mettere dentro la mamma ? sarà piombo o ferro ?
Gennaro continuava strada facendo a ripeterci: ....ma vuje a tenite a fame ? fin chè finalmente siamo arrivati in una zona popolare del centro storico di Napoli, entrammo dentro un grande portone, con un ampio atrio all'aperto e le scale esterne che portavano ai ballatoi, molti dei quali chiusi con delle verande in ferro, Gennaro chiamò da giù la moglie per avvertirla del nostro arrivo, che si affacciò e ci invitò a salire.
Era Napoli, Napoli, rivedevo tutto quello visto nei film ambientati a Napoli, appena entrati ci presentò la moglie, giovanissima, una ragazza molto più giovane di lui, moglie forse di terzo o quarto letto, un pò trasandata e una dozzina di figli che andavano da 10/11 anni a 1 anno, era già pronto da mangiare, ma prima ci siamo dati una sciacquata a mani e viso.
Eravamo anche qui nella veranda, anche qui cucina-soggiorno su misura e anche qui con una famiglia extralarge, sembrava un matrimonio, non solo perchè eravamo una ventina seduti a tavola, ma anche per quello che la ragazza ha cucinato e servito, nonostante la fame già dopo gli antipasti eravamo sazi, ma Gennaro ci disse che dovevamo mangiare tutto se no si sarebbe offeso.
Ricordo ancora quella giovane moglie, quasi una serva, ha cucinato, servito e pulito, era già pomeriggio e Gennaro ci ha accompagnato alla stazione a prendere il treno, prima per Roma e poi per Torino, attraversammo a piedi Forcella, lui ci disse di non dare ascolto a nessuno, di stare attenti e di tirare dritti per la nostra strada, praticamente eravamo con lui.
Mi proposero di tutto: sigarette, stereo, mitragliette, carri armati e quant'altro, io avrei voluto solo disfarmi con piacere del mio pesantissimo borsone, siamo arrivati alla stazione e da lì abbiamo preso il treno per Roma dove siamo arrivati attorno alle sette e mezza di sera, il treno per Torino passava verso mezzanotte, così nell'attesa verso le 10, abbiamo mangiato un pollo allo spiedo comprato prima, accompagnato da una bottiglia di vino.
Il treno era praticamente una tradotta militare, un treno con i sedili di legno tipo far west, non dormivamo da una quarantina di ore, ci siamo rannicchiati all'interno dei braccioli di ferro e con le valige per cuscino, io il borsone spigoloso e abbiamo provato a riposarci, non ho chiuso occhio, non riuscivo a capire cosa ci fosse dentro a quella borsa.
Alla fine in tarda mattinata siamo arrivati a Torino, distrutti e puzzolenti, la sorella di mio padre e di zio Matteo, ci ha accolto alla grande come è nel suo stile, la prima cosa che ci ha detto prima di metterci a mangiare: il ferro da stiro me lo avete portato ?
Ci siamo guardati tutti in faccia con immenso stupore, ma è stato solo la frazione di un attimo e abbiamo realizzato: il borsone, ecco che cos'era così pesante e spigoloso.
Guardavo le gambe piene di ematomi provocati dai colpi che mi davo e mi sono chiesto perchè mai non ho avuto l'idea di guardarci dentro prima, l'avrei buttato in mare in mezzo a quelle onde, ci siamo finalmente lavati e cambiato la biancheria e dopo mangiato un giro per porta Palazzo e in visita da Pasquale, cognato della zia Anna, fratello di Paolo il marito e poi a cena.
Il mangiare non ci è mancato mai, alla fine una pulita ce la siamo dati, ma quello che adesso ci mancava era il sonno, non abbiamo visto l'ora di dormire su di un materasso, buona notte, lo zio Tanino; buona notte io; buona notte lo zio Matteo e mio padre:....ma a tiniti a fame ?, seguì una fragorosa risata e ci siamo svegliati dopo 15 ore.
Foto tratte dal web
Abbiamo visto una ventina di casse da morto, di dentro e di fuori, la qualità del legno e i colori della vernice, i fregi e le rifiniture, ma di mangiare non se ne parlava, usciti dalla ditta eravamo convinti di andare a mangiare e invece ci disse: prima di andare a casa vi faccio vedere il deposito, tanto è sulla strada, lì c'erano un centinaio di casse e ancora discussioni tecniche sulla lavorazione, i materiali eccetera.
Gennaro continuava strada facendo a ripeterci: ....ma vuje a tenite a fame ? fin chè finalmente siamo arrivati in una zona popolare del centro storico di Napoli, entrammo dentro un grande portone, con un ampio atrio all'aperto e le scale esterne che portavano ai ballatoi, molti dei quali chiusi con delle verande in ferro, Gennaro chiamò da giù la moglie per avvertirla del nostro arrivo, che si affacciò e ci invitò a salire.
Era Napoli, Napoli, rivedevo tutto quello visto nei film ambientati a Napoli, appena entrati ci presentò la moglie, giovanissima, una ragazza molto più giovane di lui, moglie forse di terzo o quarto letto, un pò trasandata e una dozzina di figli che andavano da 10/11 anni a 1 anno, era già pronto da mangiare, ma prima ci siamo dati una sciacquata a mani e viso.
Eravamo anche qui nella veranda, anche qui cucina-soggiorno su misura e anche qui con una famiglia extralarge, sembrava un matrimonio, non solo perchè eravamo una ventina seduti a tavola, ma anche per quello che la ragazza ha cucinato e servito, nonostante la fame già dopo gli antipasti eravamo sazi, ma Gennaro ci disse che dovevamo mangiare tutto se no si sarebbe offeso.
Ricordo ancora quella giovane moglie, quasi una serva, ha cucinato, servito e pulito, era già pomeriggio e Gennaro ci ha accompagnato alla stazione a prendere il treno, prima per Roma e poi per Torino, attraversammo a piedi Forcella, lui ci disse di non dare ascolto a nessuno, di stare attenti e di tirare dritti per la nostra strada, praticamente eravamo con lui.
Mi proposero di tutto: sigarette, stereo, mitragliette, carri armati e quant'altro, io avrei voluto solo disfarmi con piacere del mio pesantissimo borsone, siamo arrivati alla stazione e da lì abbiamo preso il treno per Roma dove siamo arrivati attorno alle sette e mezza di sera, il treno per Torino passava verso mezzanotte, così nell'attesa verso le 10, abbiamo mangiato un pollo allo spiedo comprato prima, accompagnato da una bottiglia di vino.
Il treno era praticamente una tradotta militare, un treno con i sedili di legno tipo far west, non dormivamo da una quarantina di ore, ci siamo rannicchiati all'interno dei braccioli di ferro e con le valige per cuscino, io il borsone spigoloso e abbiamo provato a riposarci, non ho chiuso occhio, non riuscivo a capire cosa ci fosse dentro a quella borsa.
Alla fine in tarda mattinata siamo arrivati a Torino, distrutti e puzzolenti, la sorella di mio padre e di zio Matteo, ci ha accolto alla grande come è nel suo stile, la prima cosa che ci ha detto prima di metterci a mangiare: il ferro da stiro me lo avete portato ?
Ci siamo guardati tutti in faccia con immenso stupore, ma è stato solo la frazione di un attimo e abbiamo realizzato: il borsone, ecco che cos'era così pesante e spigoloso.
Guardavo le gambe piene di ematomi provocati dai colpi che mi davo e mi sono chiesto perchè mai non ho avuto l'idea di guardarci dentro prima, l'avrei buttato in mare in mezzo a quelle onde, ci siamo finalmente lavati e cambiato la biancheria e dopo mangiato un giro per porta Palazzo e in visita da Pasquale, cognato della zia Anna, fratello di Paolo il marito e poi a cena.
Il mangiare non ci è mancato mai, alla fine una pulita ce la siamo dati, ma quello che adesso ci mancava era il sonno, non abbiamo visto l'ora di dormire su di un materasso, buona notte, lo zio Tanino; buona notte io; buona notte lo zio Matteo e mio padre:....ma a tiniti a fame ?, seguì una fragorosa risata e ci siamo svegliati dopo 15 ore.
Foto tratte dal web
Bella!!anzi bellissima ...
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