venerdì 30 ottobre 2015

Sapore di sale.

Adesso non pensate che voglia fare il "fighettone", ma la mia vita non è stata, sempre e solo disgraziata, non è stata solo gite o viaggi interminabili o tutta vomito e casse da morto e poi non sono stato sempre così brutto, anch'io sono stato bello e impossibile, nel senso che era impossibile rimorchiare qualcuna.
Vero è che qualche "scampolo" me lo sono pure fatto, ma la vita da play boy allora era impossibile, non era come adesso, capisco che non fregherà niente a nessuno delle mie avventure amorose, ma non c'è niente da fare, vi tocca leggere o passare alla storia successiva, mi dispiace.
A proposito, per chi non fosse un assiduo frequentatore dell'accademia della crusca palermitana, lo "scampolo" è una avventura amorosa, lo sapevo, adesso se era rimasto qualche lettore, ho perso pure quello, io comunque lo scrivo lo stesso, ma solo per amor proprio, voi andate pure alla storia successiva.
Erano i primi anni di villeggiatura a Terrasini, anzi forse il primo, perchè poi ho conosciuto una ragazzina con i capelli lunghi e neri e stiamo insieme da più di quarantanni, quindi diciamo che erano gli anni "pre mia moglie", si, perchè giusto per intenderci, la storia si divide in ere, che so..., c'è quella avanti cristo, quella dopo cristo e quella "pre mia moglie".
Quindi avevo conosciuto dei ragazzi più o meno della mia stessa età e una realtà diversa da quella a cui ero abituato in città, era la villeggiatura che si vedeva nei film, una cosa nuova, bella, in spiaggia dalla mattina alla sera, sulla terrazza dello "chalet" seduto sotto il sole filtrato dell'incannucciato a fumare e bere birra, davanti al jukebox con tutte quelle ragazze in bichini, un sogno.
Le giornate scorrevano piacevolmente monotone, già alle 10 eravamo in spiaggia, bagno e partita a tamburelli, poi ancora bagno, attorno all'ora di pranzo si saliva allo "chalet" (oggi Azzolini beach), per intrecciare qualche movimento romantico per la serata, bagno e a casa a mangiare e riposare, poi sul mangiare vi racconto una cosa, tanto lo so che vi siete fermati a leggerlo.
Nel pomeriggio dopo il riposino, ancora in spiaggia, bagno, tamburelli, tintarella con la ragazza conosciuta la mattina allo chalet, lei prendeva il sole da tutti i lati, io solo di dietro perchè stato prono accanto a lei a sussurrare, mi preparavo la strada e prima di tornare a casa per sera, partita di calcio scapoli contro ammogliati,
Arrivati a casa, doccia, cena e via alla discoteca "la cantina" (palazzo D'Aumale), i meno giovani come me la ricorderanno di certo, per continuare il corteggiamento con la ragazza di prima e magari stavolta, la buio, in qualche caletta del lungo mare di cala rossa....., la nottata finiva sempre a casa di uno degli amici, con una spaghettata e una scala 40, per rientrare attorno alle cinque del mattino.
Per rimorchiare si rimorchiava, altro chè se si rimorchiava, certo spesso la "spaghettata" la facevamo in bianco, ma qualcosa sempre si concludeva, una mattina mentre stavamo giocando a tamburelli, lo chalet si è riempito in maniera particolare e non riuscivamo a capire il perchè, finita la partita e dopo il bagno, siamo andati come solito allo chalet anche noi.
C'erano due ragazze francesi e tutti le circondavano, belle, delicate, francesi insomma, meglio così, c'erano dei tavolini liberi e ci siamo seduti a fumare e a bere birra come al solito e senza essere disturbati.
La giornata è passata come le altre e la sera a ballare alla "cantina", io in quei giorni stavo con Emanuela, be! stavo....era la ragazza con cui prendevo il sole di dietro, ma non avevo ancora fatto nulla, Gianni e Rosario invece in quel periodo, non erano iscritti in nessuna lista di collocamento, praticamente a spasso.
La serata andava avanti tra birra e sigarette, ogni tanto si faceva un ballo, così con qualcuna, Emanuela era tornata per qualche giorno a Palermo e quindi anch'io ero momentaneamente a spasso, in un tavolo c'erano sempre le due francesi, con un nugolo di spasimanti attorno, ancora più numeroso.
Gianni guardava e ci diceva: guardate la, dobbiamo fare sempre la figura, dei siciliani non ha mai visto una donna e ad un certo punto parlando e disquisendo, Gianni dice a Rosario: scommettiamo il conto finale che io e Salvo ci andiamo e ci balliamo ? 
Rosario sbellicandosi dalle risate ci rispose: ma se non hanno voluto ballare con nessuno, adesso si mettono a ballare con voi, accettò la scommessa, Gianni mi fece un cenno con la testa e partiamo per andare a prenderci un bel due di picche, invece alla nostra richiesta di ballare, si alzarono e ballarono con noi, per tutta la serata.
Eravamo al settimo cielo, avevamo risparmiato di pagare il conto e lasciato tutti stucco facendo un figurone e poi ci eravamo "collocati" e che collocazione, solo che ne io ne lui sapevamo una parola di francese, sembravamo Totò e Peppino, noio...vulet...doman,,,e così via, loro scuotevano la testa e basta.
Le abbiamo accompagnato allo chalet dove alloggiavano, provando disperatamente durante la strada di imbastire una discussione, ma niente, appena le abbiamo lasciate, le pacche e dammi il cinque non si contavano, io in quel momento ho avuto una genialata. 
Mia sorella aveva studiato francese alle medie, ora appena arrivo a casa disse a Gianni, la sveglio e mi faccio fare una lezione di francese per domani e così alle due di notte, vado nella stanza di mia sorella è la sveglio per farmi fare un corso accelerato di francese.
Non riuscivo a tenerla sveglia e gli chiedevo la traduzione di questo o di quell'altro, non ne che conoscesse chi sa cosa, però l'indomani al mare sapevo: quelle heure est il ? ; je m'appelle ; comment tu t'appelles, ma non avevamo concluso nulla, non ci capivano e poi la discussione dopo due minuti era finita e ora ?
Non ci restava allora che allungare le mani, loro molto graziosamente ci respingevano, così abbiamo fatto il bagno insieme, preso il sole insieme, noi sempre sulle spalle e parlato, io con Gianni e le francesi tra di loro.
La sera siamo tornati alla "cantina", le abbiamo trovate la, sempre circondate, ma le abbiamo portato al nostro tavolo, un figurone bis, e così ci siamo messi a ballare e mentre ballavo è arrivata Emanuela, allora non c'erano i cellulari e a quel punto finito di ballare con la francese, sono andato ad invitare la palermitana, faceva come una pazza e io li  a spiegargli mentre ballavamo, che si trattava di una mia cugina che mi rompeva terribilmente, ma che ero stato costretto a portarla a ballare.
Passavo da Emanuela alla francese, ballavo un po con una e un po con l'altra, anche la francese mi faceva capire: chi è quella ragazza ? io a gesti e in francese maccheronico, cercavo di spiegargli mentendo spudoratamente anche a lei, che era mia cugina e che ero obbligato a farla ballare.
L'indomani non prendevo più il sole sulle spalle, ne con la francese e ne con la palermitana, per un periodo la spaghettata la facevo in bianco, però vedeteci il lato positivo, finalmente ho preso il sole integrale, con il costume chiaramente, Gianni poi l'ha pagata, ma quella è un'altra storia.
Foto tratte dal web.

giovedì 22 ottobre 2015

.... ma vuje a tenite a fame ? 2

Non è la sagra del signore degli anelli, la storia era lunga e ho voluto dividerla  in due parti, prometto che dopo di questa non ci sarà ....ma vuje a tenite a fame 3.
Quindi eravamo arrivati al porto di Napoli e l'amico dello zio Tanino è venuto a prenderci, dopo avere ascoltato quanto ci era accaduto, con un sorriso beffardo ci chiese in napoletano se avevamo fame, domanda banale ma forse ci voleva "sfruculiare", io e il fratello di mio padre lo zio Matteo, ci siamo guardati sgranando gli occhi e in silenzio ci siamo detti, bene adesso si mangia.
Ci siamo accodati dietro allo zio Tanino, al suo amico e a mio padre, che si raccontavano allegramente di come stavano, di come gli andava la vita e gli affari, sarà stato per la stanchezza, per il maglione che pizzicava o perchè ero svuotato dentro, ma con tutti questi napoletani che parlavano in dialetto, mi è sembrato di stare a teatro, sul palco con Eduardo De Filippo.
Non so voi, ma camminare per le vie di Napoli o di Roma, è un po come stare su di un set cinematografico o teatrale, andavo dietro di loro ma mi sembrava come se non fosse vero, sembrava che tutti si fossero messi d'accordo di parlare in napoletano perchè c'eravamo noi, per intenderci come in "Benvenuti al sud", quando arriva la moglie di Bisio, pensavo che da un momento all'altro smontassero il set.
Invece no era Napoli, bello, bellissimo, peccato che loro come noi, debbano vivere la sporcizia, la delinquenza e così via, ma parliamo di cose più allegre, ad un certo punto l'amico dello zio Tanino, che per comodità chiameremo Gennaro, si ferma e ci ripete: ....ma vuje a tenite a fame ? io e lo zio Matteo con le ultime poche forze rimaste abbiamo risposto insieme, ....a teniamo.
Ancora uno sguardo d'intesa, convinti che saremmo andati in una pasticceria tipo quella di "Filumena Marturano" a mangiare la famosa pastiera napoletana e invece ci dice: bene ! prima vi porto però a vedere la mia ditta e poi andiamo a mangiare, certo avremmo preferito prima andare a mangiare e poi a vedere la ditta, ma oramai...., fu allora che mi accorsi, che il mio borsone pesava un accidente, forse era la debolezza, ma pesava.
Arrivati a destinazione, sopra la porta campeggiava la scritta "Gennaro onoranze funebri", ma porca di una miseria, dopo una nottata di quelle, proprio un imprenditore di onoranze funebri ci doveva capitare ? del resto lo zio Tanino, con l'avvento dell'automobile, aveva visto la fabbrica dei carretti in difficoltà ed era passato a scolpire casse da morto ed è li che si saranno conosciuti.
Abbiamo visto una ventina di casse da morto, di dentro e di fuori, la qualità del legno e i colori della vernice, i fregi e le rifiniture, ma di mangiare non se ne parlava, usciti dalla ditta eravamo convinti di andare a mangiare e invece ci disse: prima di andare a casa vi faccio vedere il deposito, tanto è sulla strada, lì c'erano un centinaio di casse e ancora discussioni tecniche sulla lavorazione, i materiali eccetera.
Eravamo, stanchi, zozzi e morti di fame e andavamo in giro per "casse da morto", come se fosse la quinta essenza del divertimento, io poi con quel borsone che pesava un accidente e mi chiedevo continuamente, che cosa ci sarà mai, cosa ci ha potuto mettere dentro la mamma ? sarà piombo o ferro ? 
Gennaro continuava strada facendo a ripeterci: ....ma vuje a tenite a fame ? fin chè finalmente siamo arrivati in una zona popolare del centro storico di Napoli, entrammo dentro un grande portone, con un ampio atrio all'aperto e le scale esterne che portavano ai ballatoi, molti dei quali chiusi con delle verande in ferro, Gennaro chiamò da giù la moglie per avvertirla del nostro arrivo, che si affacciò e ci invitò a salire.
Era Napoli, Napoli, rivedevo tutto quello visto nei film ambientati a Napoli, appena entrati ci presentò la moglie, giovanissima, una ragazza molto più giovane di lui, moglie forse di terzo o quarto letto, un pò trasandata e una dozzina di figli che andavano da 10/11 anni a 1 anno, era già pronto da mangiare, ma prima ci siamo dati una sciacquata a mani e viso.
Eravamo anche qui nella veranda, anche qui cucina-soggiorno su misura e anche qui con una famiglia extralarge, sembrava un matrimonio, non solo perchè eravamo una ventina seduti a tavola, ma anche per quello che la ragazza ha cucinato e servito, nonostante la fame già dopo gli antipasti eravamo sazi, ma Gennaro ci disse che dovevamo mangiare tutto se no si sarebbe offeso.
Ricordo ancora quella giovane moglie, quasi una serva, ha cucinato, servito e pulito, era già pomeriggio e Gennaro ci ha accompagnato alla stazione a prendere il treno, prima per Roma e poi per Torino, attraversammo a piedi Forcella, lui ci disse di non dare ascolto a nessuno, di stare attenti e di tirare dritti per la nostra strada, praticamente eravamo con lui.
Mi proposero di tutto: sigarette, stereo, mitragliette, carri armati e quant'altro, io avrei voluto solo disfarmi con piacere del mio pesantissimo borsone, siamo arrivati alla stazione e da lì abbiamo preso il treno per Roma dove siamo arrivati attorno alle sette e mezza di sera, il treno per Torino passava verso mezzanotte, così nell'attesa verso le 10, abbiamo mangiato un pollo allo spiedo comprato prima, accompagnato da una bottiglia di vino.
Il treno era praticamente una tradotta militare, un treno con i sedili di legno tipo far west, non dormivamo da una quarantina di ore, ci siamo rannicchiati all'interno dei braccioli di ferro e con le valige per cuscino, io il borsone spigoloso e abbiamo provato a riposarci, non ho chiuso occhio, non riuscivo a capire cosa ci fosse dentro a quella borsa.
Alla fine in tarda mattinata siamo arrivati a Torino, distrutti e puzzolenti, la sorella di mio padre e di zio Matteo, ci ha accolto alla grande come è nel suo stile, la prima cosa che ci ha detto prima di metterci a mangiare: il ferro da stiro me lo avete portato ?
Ci siamo guardati tutti in faccia con immenso stupore, ma è stato solo la frazione di un attimo e abbiamo realizzato: il borsone, ecco che cos'era così pesante e spigoloso.
Guardavo le gambe piene di ematomi provocati dai colpi che mi davo e mi sono chiesto perchè mai non ho avuto l'idea di guardarci dentro prima, l'avrei buttato in mare in mezzo a quelle onde, ci siamo finalmente lavati e cambiato la biancheria e dopo mangiato un giro per porta Palazzo e in visita da Pasquale, cognato della zia Anna, fratello di Paolo il marito e poi a cena.
Il mangiare non ci è mancato mai, alla fine una pulita ce la siamo dati, ma quello che adesso ci mancava era il sonno, non abbiamo visto l'ora di dormire su di un materasso, buona notte, lo zio Tanino; buona notte io; buona notte lo zio Matteo e mio padre:....ma a tiniti a fame ?, seguì una fragorosa risata e ci siamo svegliati dopo 15 ore.
Foto tratte dal web

venerdì 16 ottobre 2015

.... ma vuje a tenite a fame ?

Attorno agli anni 70 a casa da mio padre, la nostra famiglia si era alquanto allargata, alcuni erano in casa a tempo pieno, altri invece lo erano part-time, oltre ai miei genitori quindi c'erano: sei figli, la mamma di mio padre (a tempo pieno), lo zio di mia madre e il fidanzato di mia sorella (part-time) e il cane Willy, anche lui a tempo pieno.
Perchè part-time, perchè venivano solo la sera a cena e la domenica pure a pranzo, la casa non era grandissima ma neanche piccolina, oltre alle camere e ai servizi, avevamo buttato a terra un muro che collegava la cucina con la veranda e avevamo realizzato una cucina-soggiorno, dove praticamente si viveva tutto il giorno e dove ci riunivamo per mangiare.
Era diciamo una cucina-soggiorno su misura, perchè a tavola se a qualcuno scappava la pipì, dovevano alzarsi anche in cinque, le sedie erano distanti dal muro giusto un palmo, io ero a capotavola difronte a mio padre ed ero proprio quello che per andare in bagno, doveva fare alzare più persone.
Alla destra avevo mia nonna, poi andando verso mio padre c'erano le sorelline più piccole e mia madre rigorosamente accanto a mio padre, com l'ultimo arrivato in braccio, mentre a sinistra accanto avevo il televisore, poi mia sorella Cettina a cui scambiavo sempre e sistematicamente, il suo bicchiere di vino pieno con il mio vuoto e poi sempre ad uscire, mia sorella, il suo fidanzato e lo zio "Tanino", il cane Willy stava sotto il tavolo, dove riceveva tutto quello che a noi non andava.

Con il cane Willy eravamo in forte concorrenza, perchè a sedici anni mangiavo pure le pietre, mia sorella Flora quella fidanzata, mi chiamava in dialetto " 'a Vaselli", altro non era che il nome della ditta che raccolta rifiuti, che prendeva il nome dal proprietario, un certo Conte Vaselli.
Ma le cose più curiose del momento conviviale erano due: noi che mangiavamo "grezzo", panelle, purpitielli murati, mussu e caldume, mentre mia sorella che voleva fare l'aristocratica, al fidanzato dava sempre la carne, quando lui (ma c'è lo ha confessato una volta sposato) invece avrebbe preferito "l'altro" e secondo il fatto che ero così accanto al televisore, che lo vedevo di "sguincio" e riconoscevo gli attori solo di profilo.
Una sera di settembre tra una mafalda con la mortadella e un bicchiere di vino (mia sorella e il suo fidanzato carne), nasce l'idea di andare a Torino a trovare la sorella di mio padre e così i massimi responsabili del viaggio, massimi perchè erano loro ad accollarsi le spese, lo zio Tanino e mio padre insieme, davanti a qualche bicchierino di Unicum, stabiliscono la strategia del viaggio.
I giorni che seguirono sono serviti per fare i biglietti, coinvolgere il fratello di mio padre che avrebbe contribuito alla mia quota, visto che ero l'unico a non pagare e poi tutto l'itinerario, intanto si doveva fare di fine settimana per questione di lavoro, loro e prima di ottobre perchè cominciava la scuola, io.
L'itinerario era il seguente: partenza la sera dal porto di Palermo con il postale per Napoli, lì lo zio Tanino aveva un amico d'infanzia, anche lui scultore in legno e voleva rivederlo e poi da lì in treno avemmo raggiunto Torino.
Lo zio Tanino era scultore in legno, la famiglia di mia madre erano di generazione carrettieri, ma no come trasportatori, erano costruttori dei carretti siciliani e ognuno aveva la sua specializzazione, lo zio Tanino scolpiva in legno pupi, angeli, draghi, cavalieri e quant'altro possibilmente il committente gli chiedeva.
All'ora un pò per le condizioni economiche e un pò perchè non si andava mai da nessuna parte, ci siamo fatti prestare qualche borsa capiente, qualche valigia fortunatamente non erano legate con lo spago e alle 19 siamo partiti dal porto di Palermo, direzione Napoli per quello che poi alla fine era il mio primo viaggio, se escludiamo Palermo-Isola in estate, in "lambretta" con i miei genitori.
Partire di fine settembre con la nave non è molto consigliabile, ma chi lo sapeva, ci doveva essere la prima volta e così è stato, siamo partiti in maniche corte, abbiamo preso il posto sul ponte, ci siamo portati il filone, mezzo con la frittata e l'altro mezzo con la cotoletta e una bella bottiglia di vino. Onestamente non vedevamo l'ora di metterci a mangiare e vi dico che un boccone di pane con la frittata e una "'ntrummata" nella bottiglia col vino, a mare aperto, con la brezza che odora di iodio è sublime, ma le cose si sono messe male dopo un poco.
Cominciammo a sentire freddo, nella valigia di mio padre c'erano i maglioni quelli fatti a mano e il prurito con le maniche corte non vi dico, più volte ho pensato che tra i due mali forse era meglio morire assiderato, la stanchezza di stare in piedi sul ponte (quelli più esperti si erano presi tutte le poltrone) e il sonno mi hanno distrutto, tanto da farmi dire a voce bassa e fra i denti, ma chi me la ha fatto fare, non viaggerò mai più in vita mia.
Era da poco passata mezza notte e cominciavo a vedere le sirene come Ulisse, quando la nave cominciò ad "abboccare" (1) e nonostante la nave si fosse messa "alla coppa" (2), la prua si alzava cavalcando l'onda, ma no come chi approfittare del momento, io stavo a prora e vedevo dietro di me un onda alta almeno quanto una casa di tre piani.
Poi la nave scendere in picchiata e alzare la prora, a quel punto attorno a me vedevo solo il cielo e la gente che vomitava, io mi appoggiavo alla "battagliola" (3) e provavo a seguire il movimento della nave per non vomitare quella meravigliosa frittata col prezzemolo, ma spesso dovevo cambiare posizione, per evitare gli spruzzi di vomito trasportati dal vento.
Ad un tratto mi sono accorto di avere perso i contatti con i miei, ci siamo ritrovati nei bagni a vomitare uno accanto all'altro, alla fine avevo perso il ritmo e con quello alche la frittata, è stato in quell'occasione che ho capito che cosa significa sputare l'anima, avevo vomitato di tutto, persino i succhi gastrici, era rimasta solo l'anima ed era uscita pure lei, ma ho avuto un attimo di lucidità e l'ho ricacciata dentro.
Ma si sa che tempo e brutto tempo, non dura sempre lo stesso tempo e così attorno alle otto del mattino il mare forza 9 che avevamo incontrato si è calmato e siamo potuti entrare in porto, portando un paio d'ore di ritardo, abbiamo messo piede a terra attorno alle dieci, con l'olezzo di vomito addosso e le facce cadaveriche che non vi dico.
Ad aspettarci c'era quell'amico di zio Tanino, ci ha chiesto del viaggio, ha sorriso per quanto ci era capitato e poi guardandoci bene ha esclamato: ... ma vuje a tenite a fame ?

(1) tagliare le onde con la prua infilandovi quasi dentro
(2) mettersi in posizione per evitare il maltempo
(3) il corrimano della ringhiera che corre attorno alla nave

Foto tratte dal web.