Il numero dei
test effettuati aumenta giorno dopo giorno, più test si fanno e chiaramente più
positivi si trovano, ma la cosa importante è che i ricoverati ogni giorno sono
in calo, anche se questo non ci tira fuori dalla tragedia, riduce comunque in
maniera importante la pressione sul servizio sanitario e sui reparti di terapia
intensiva in particolare, questo significa che il trend dei contagi è in
diminuzione e che le misure adottate sicuramente stanno avendo un impatto positivo
sulla diffusione del virus.
Ma continuare così
ancora per altri quindici giorni o forse anche più non va bene, non è
possibile, non tanto perché dobbiamo tornare a divertirci, a fare festa, ma
quanto perché bisogna tornare a lavorare e altri quindici giorni di “fermo” non
sono sopportabili per le nostra economia, se avessimo la possibilità di avere
soldi gratis a palate dal governo italiano e da quello europeo, allora si
potrebbe pensare ad un lock-down lungo fino al
ritrovamento del vaccino.
Ma queste condizioni
non ci sono e se il governo non vuole che l’Italia sprofondi in una crisi senza
ritorno, si doveva ipotizzare una fase “2”, molto più ragionata e immediata della
fase “1”, che non è stata tanto all'altezza, la fase “2” doveva essere
concertata prima e con tutte le parti in causa, al comitato scientifico che dà
i dati del contagio, già da prima doveva essere affiancato un gruppo di esperti
per la gestione della crisi economica.
Sulla base dei dati economici e
del fabbisogno della Nazione, la proroga doveva valere solo per le attività
produttive, che non erano nelle condizioni di fare rispettare il distanziamento
sociale, perché se è vero che la tutela della salute resta comunque al primo
posto, al tempo stesso non può bastare per risolvere il problema, standosene a
casa ad aspettare che si trovi un vaccino.
Bisogna guardare a tutti gli interessi
in campo e con attenzione trovare le soluzioni anche economiche, per tutelare se
non tutto il tessuto produttivo, almeno la sua maggior parte, per avvicinarci
il più possibile ad una ripresa a pieno regime, che non può avviarsi “forse”
dopo il 3 maggio, nell'ultimo decreto non dovevano esserci delle piccole
differenze, ma differenze notevoli e sostanziali.
Non capisco perché se dal 14 aprile, possono riaprire: le cartolerie,
le librerie, i negozi per neonati e le attività di silvicoltura e forestali,
non possono riaprire tutti i negozi in genere, l’edilizia, le fabbriche, dove i
lavoratori non stanno uno sull'altro e spesso in questi luoghi ci sono più
macchine che personale, diversamente devono
arrivare quattrini a pioggia e come vediamo non è possibile.
Servono fatti concreti, azioni rapide e decise e
non è questione di colore politico, sono d’accordo che in questa situazione
così difficile e senza soldi, non c’è nessuno che è più bravo dell’altro, ma
siamo stati e continuiamo ad essere lenti, impreparati e faziosi, non ci serve
il MES? Non ci danno i Corona Bond? Facciamo ripartire tutte le attività che si
sono attrezzate a garantire un rischio di contagio quasi zero, con le nostre
poche risorse.
È un momento dove nessuno deve sbagliare da solo,
ci vuole il coinvolgimento di tutti senza scartare niente a priori, nel calcio
noi addetti ai lavori, parliamo spesso di “anticipazione” e questo ad oggi, il
governo non lo ha fatto, la “Fase 2” è partita ma non come doveva, abbiamo aspettato
troppo a creare un gruppo di esperti per tracciare le linee guida per la
ripresa e la creazione di un protocollo di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Si è capito da subito che senza vaccino i tempi sarebbero stati biblici,
si sapeva che dovevamo ripensare e rinnovare le logiche del lavoro e dei
modelli organizzativi, modelli innovativi per garantire una ripresa in
sicurezza, le aziende dovranno sanificare i luoghi di lavoro, creare percorsi
di entrata ed uscita dedicati, controllo della temperatura e test ai
lavoratori, tutte le volte che si recheranno sui posti di lavoro e poi si deve continuare
a mantenere il distanziamento sociale.
Una “fase 2” come stanno facendo alcune regioni:
Veneto e Liguria in testa, anche per progettare un turismo di “prossimità”, perché
in Cina si è verificato un “ritorno” dei contagi, di cui pochi quelli nuovi e tutti
gli altri sono contagi che vengono dall'ingresso di gente da altri paesi,
speriamo di non cascarci anche noi, perché, non possiamo
permetterci la ricrescita della curva di contagio, ma non possiamo restare
chiusi in casa a guardare la fine di un Paese.
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