mercoledì 23 marzo 2016

Uni belo gioco di galina.

Non ho sbagliato a scrivere, la stragrande maggioranza di voi forse non si ricorderà di Fantozzi, il personaggio dello sfigato italiano medio interpretato da Paolo Villaggio, che già negli anni precedenti agli albori della sua carriera, tra i tanti personaggi, i più famosi erano Fracchia e un disastroso professor Kranz mago di Germania.
Il professor Kranz era un tedesco che viveva in condizioni piuttosto miserevoli e si arrangiava con fallimentari spettacoli di prestidigitazione, per provare a sbarcare il lunario, esprimendosi in un tedesco maccheronico, ad un certo punto dello spettacolo, metteva in scena il suo numero migliore che era "Un bel gioco di gallina", che nel suo tedesco era: "uni belo gioco di galina"
Parliamo sempre degli anni "70", io avevo 17/18 anni e mi piaceva fare la parodia alla nuova comicità emergente, la gamba che si alzava e ruotava verso l'esterno di Cochi e Renato, l'imitazione di Monsieur Opale ( che non era comicità) e Kranz mago di Cermania, 
Sarà stato per il mio spirito istrionico o per la vena di attore che ho ereditato dal cugino di mio nonno, il famoso Erno Crisa, compagno di lavoro in molteplici film con Alberto Lupo, tra cui "la cittadella", fatto sta che le mie imitazioni riscuotevano un grandissimo successo.
Mi ricordo una delle tante volte che a gran voce, gli amici e i parenti mi chiedevano di farli ridere, ci trovavamo in una pizzeria a Cinisi, si parlava e si scherzava beatamente, ci stavamo divertendo di brutto, ad un certo punto della serata, la fidanzata (definitiva) di Rosario, mi disse compare (da li a poco gli avrei battezzato il loro primo figlio), facci un bel gioco di gallina.
Io inizialmente ho fatto un po resistenza, ma invocato da tutti i commensali, mi sono alzato ed ho cominciato la recita, qualche volta ve la faccio vedere, a raccontarla così non si riesce a dare la dimensione dell'interpretazione, voi pensatela come volete, ma almeno in Opale e Kranz ero bravissimo, un attore nato.
I miei amici ridevano e piano piano senza volerlo, sono riuscito a catturare l'attenzione sorridente di chi stava mangiando negli altri tavoli, proprietario compreso, la cosa si faceva interessante e divertente, io mi stupivo di tanta attenzione, loro invece si incuriosivano sempre più del finale.
Al momento cruciale in cui da sotto il tovagliolo doveva apparire qualcosa, ci siamo accorti che tutti erano rimasti come incantati, le bocche aperte e la forchetta piena davanti ai denti, pronta per imboccarsi, li ho tenuti così per una trentina di secondi, uno spettacolo vedere tutta quella gente che pendeva dalle tue labbra, tiro via il tovagliolo e non succede niente.
Il bello di questa storia è che a quel punto, tutti hanno capito che li avevo preso in giro e abbassando lo sguardo e rimettendosi a mangiare freneticamente, hanno fatto finta di niente, mentre tutti noi siamo scoppiati in una risata fragorosa, per quello che era successo, non avrei mai pensato che potesse riuscire così bene.
Alla fine ci siamo alzati e siamo andati a pagare, il proprietario che anche lui aveva fatto finta di niente, ci disse: che ne dite di venire ogni sera !?
Certo erano altri tempi, non ci si sparava per un occhiata o per uno scherzo, so per certo che nessuno dopo di voi, potrà affermare la stessa cosa, in questi miei 62 anni ho visto cambiare persone e cose, anche la mia bella città è cambiata e in peggio naturalmente, ci si divertiva con poco, c'era rispetto per le persone più grandi e per le cose degli altri, in poche parole si era educati.
Si era educati ad andare a scuola, a vivere con parsimonia il rapporto con la tecnologia, e con amore gli affetti di ogni tipo, avevamo il piacere di riunirci per giocare a carte o tombola, era il piacere di stare insieme, di "condividerci", questo faceva in modo di assaporare la vita fino in fondo, lasciandoti dentro uno spirito....., quello che oggi con tanta ironia, mi permette di "raccontarmi" coinvolgendovi, tirandovi dentro in una vita che non vi appartiene.
Mi dispiace, ma non credo che uno di voi, quando avrà la mia età, potrà raccontarsi suscitando lo stesso interesse che avete provato adesso.
Foto tratte dal web

venerdì 18 marzo 2016

A proposito di DNA.

Se la passione per la cioccolata, è nata e si è sviluppata con l'abitudine del "cacao mattutino", per festeggiare onomastici e compleanni, l'amore spasmodico per i dolci è una questione di DNA.
Per quello che mi hanno raccontato, la "dinastia" dei Crisà a Palermo, è relativamente giovane, mi hanno detto che è arrivata dal messinese nei primi anni del 1800, con i nonni di mio nonno in pratica, se tutto questo fosse veramente confermato, io posso dire di avere avuto la fortuna, di avere conosciuto la nuora di questi miei antenati, la bisnonna Mariannina, diminutivo di Maria Anna o Marianna forse, da cui è partito tutto.
Io avrò avuto 6/7 anni e mi ricordo di questa vecchietta piccola, piccolissima come erano le donne di allora, magra tutta ossa e pelle, con migliaia di rughe che gli solcavano la faccia, su cui campeggiava un fascio di capelli bianchi tirati all'indietro, raccolti in una lunga coda che si avvolgeva su se stessa, creando un nido di capelli, sapientemente modellato e trattenuto dalle forcine (il tuppo).
Non so quanti anni avesse, forse 60/65, anche se allora sembrava dimostrarne 90 (non erano le belle nonne dei giorni nostri), la sua figura agile e snella, era resa ancora più esile, per l'eterno abito nero che indossava e dallo scialle anch'esso nero che l'avvolgeva, in estate e in inverno, era sempre vestita così, non ricordo mai di averla vista diversamente.
Voi vi chiederete come mai, sia in estate che inverno portasse sempre quello scialle nero, niente di più semplice, nero perchè le donne di allora, almeno quelle siciliane portavano il lutto per i parenti più prossimi per 10 anni, quindi, non avevano il tempo di smetterlo che nel frattempo venivano colpite da un altro lutto.
Poi, anche se passano i 10 anni, allora si era così poveri, che non potendo comprare altri vestiti, si continuavano a portare sempre gli stessi, non più per il lutto ma per una "scelta necessaria" e dopo tutto il nero era elegante e snelliva, visto che le donne di allora già a 20 anni avevano 2/3 figli e pesavano già 80 chili, si diceva donne formose.
Questo per quanto riguarda il colore nero, il perchè dello scialle anche in estate, ci porta invece ad un discorso molto importante, proprio quello di cui vi accennavo prima, il famoso DNA di casa Crisà, ovvero il codice genetico che detiene le informazioni genetiche ed ereditarie del nostro albero genealogico.
I nostri nucleotidi, sono costituiti come per tutti da tre componenti fondamentali: un gruppo fosfato, il deossiribosio (zucchero pentoso) e una base azotata, da noi, lo zucchero pentoso è presente in dosi massicce, così elevate, che ci ha permesso nei secoli, di tramandarci il piacere ossessivo per i dolci.
Ridete pure ma è così e vi dirò di più, è pure "malatia chi misca", è contagioso insomma, siamo riusciti a portare il contagio pure in veneto, Leonardo ne sa qualcosa, comunque, non divaghiamo, la nonna Mariannina portava lo scialle anche in estate, perchè sotto vi nascondeva "l' ammuogghiu", il sacchetto pieno di dolciumi, "pupatelli" per l'appunto, una specie di saporelli per intenderci.
Li nascondeva perchè noi siamo fatti così, discreti in ogni cosa che facciamo, la verità è che non voleva si sapesse che mangiava dolci tutto il giorno, per lei erano come le sigarette, ogni tanto ne "accendeva" uno, così quando arrivava a casa, non aveva fame e non gli andava di cucinare, mandando i suoi 7 o 8 figli al "capo" (quartiere di Palermo), a mangiare la mafalda con le panelle.
Di episodi che testimoniano, questa particolare dote genetica ne posso citare un sacco, mi limiterò a soli tre casi in sequenza generazionale.
Primo: a casa mia i dolci erano presenti nella stessa misura del pane e della pasta, quando raramente ne restavano, la notte c'era un caotico via vai dal frigorifero, protagonisti mio padre e mio fratello Marcello, fino ad esaurimento delle scorte.
Secondo: neanch'io sono da meno, io ho il record di assunzione di cassata davanti ad un film di Hitchcock, 3 chili mangiati tutti in un'unica soluzione (quella sera in un ora e mezzo di film), senza battere ciglio.
Terzo: tutte le mattine, non in Africa quella è un altra cosa, tutte le mattine mio fratello Marcello, accompagna a scuola suo figlio Giovannino e si fermano dal fornaio per comprare la colazione, tutti gli altri bambini comprano la treccina, il cornetto, qualcuno si spinge fino al calzone, lui Giovannino invece prende una vaschetta di ricotta, quella per riempire i cannoli, questo è DNA, non c'è niente da fare.

mercoledì 9 marzo 2016

Chocolat

Penso che la passione per il cioccolato, tranne rari casi masochistici, sia una cosa che vive dentro di noi, un pò come l'amore, la gioia, tutti ci inteneriamo davanti ad un bambino piccolo o ad un cucciolo, il cioccolato è così, è tenerezza, è calore, è trasgressione e complicità insieme, è buona in sostanza.
Forse mi sbaglio, ma io per la cioccolata ho questo tipo di trasporto, fondente chiaramente, non so se la preferisco più della ricotta dei cannoli, ora non mi mettete in difficoltà però, odio scegliere quando si tratta di alchimie che arricchiscono l'anima e sublimano il palato, comunque se dovessi essere uno dei pochi a nutrire questi sentimenti, conosco pure il perchè.
La nonna paterna era originaria di Ortona a mare in abruzzo, figlia di secondo letto del principe di Belmonte, ecco perchè quando faccio gli esami del sangue, il mio ha un colore che da decisamente sul blu, ai tempi, escluso il primo figlio, gli altri abbracciavano la religione, o come è successo a mia nonna, andò come dama di compagnia, presso una nobil donna romana.
Questa aristocratica un giorno si recò a Palermo, in visita da amici facoltosi della Palermo bene, mia nonna Flora oltre ad essere la dama di compagnia era anche la cuoca personale, tant'è che cucinava da favola, in un mix di arte culinaria, abruzzese, romana e siciliana, di cui io mi sento degno erede.
A Palermo, mia nonna andò insieme alla cuoca dell' aristocratica panormìta, al mercato della vucciria a comprare insieme tutto quello che poteva servire e che poteva essere di gradimento, anche della nobil donna romana in trasferta.
Si fermarono in un negozio di frutta e verdura, dove un bel ragazzo alto, biondo, occhi azzurri e con una fossetta sul mento tipo Kirk Duglas, oltre a darsi da fare nella vendita dei suoi prodotti, si dava da fare con le belle signore, che apprezzavano con piacere la corte spudorata di Turiddu.
Neanche mia nonna riuscì a sottrarsi al fascino arabo-normanno che contraddistingue i Crisà, lo so è un marchio di fabbrica, così come vi dicevo, tra una battuta e l'altra, mio nonno capì che mia nonna era "forestiera" e cominciò a prenderla in giro, da lì poi si sono rivisti, hanno fatto la "fuitina" e mia nonna è rimasta a Palermo.
Cosa centra con il cioccolato ? calma, fatemi arrivare, in abruzzo era consuetudine, per la ricorrenza del compleanno o dell'onomastico, fare trovare al risveglio del festeggiato, un tazzone di cacao con i biscotti da inzuppare e questa consuetudine, mia nonna la inserita nelle abitudini palermitane di casa nostra.
Ora come vi ho già detto, i miei nonni abitavano sullo stesso pianerottolo, possiamo dire che si trattava di una casa allargata, ogni occasione era buona per festeggiare, a biscotti e cacao per tutti, ne ho tanto presa l'abitudine, che quando andavo alle superiori e anche ve l'ho detto, la mia ricreazione era con cioccolata calda e cartoccio, cioccolato e ricotta, due delle mie molteplici passioni.

giovedì 3 marzo 2016

Il marmittone.

Fin qui vi ho parlato di calcio, di scuola, di ragazze, d'estate, di Favignana, di fame e di Terrasini, adesso vi racconterò del servizio militare, intanto, forse a causa dei due anni persi a scuola, che mi hanno costretto a chiedere due rinvii, o forse per via dell'intenzione di iscrivermi all'università (no ne avevo nessuna voglia, volevo lavorare) e di essere studente fuori sede, (per l'occasione ero residente a Castellammare del Golfo), o chi sa per quale altro motivo ma sono partito in ritardo a 21 anni.
Sono partito il 9 di dicembre, veramente dovevo partire il 5, ma siccome mi ero fidanzato ufficialmente da qualche mese, proprio perchè  dovevo partire militare, mio padre con le sue conoscenze, riuscì a farmi partire 4 giorni dopo per Casale Monferrato in provincia di Alessandria.
Era la stessa caserma, dove vent'anni prima mio padre aveva fatto anche lui il C.A.R. e siccome Casale si trovava ad una ottantina di chilometri da Torino, invece di andare direttamente in caserma, con il treno sono andato direttamente a Torino a salutare mia nonna e i miei zii, tanto dovevo presentarmi in caserma l'undici dicembre.
Mio zio Paolo appena sono arrivato mi disse: ma no che ti porto domani in caserma, il 13 c'è santa Lucia, la nonna fa le arancine, il risotto alla milanese, ti porto a Casale il 14 mattina, ed io: ma zio mi mettono in punizione e lui: non ti preoccupare non ti fanno niente e così è stato.
Ci siamo presentati il 14 mattino e a giustificazione del ritardo mio zio gli disse che il cambio d'aria, dal sud al nord, mi aveva fatto venire la febbre, mi trovavo dagli zii, che non se la sono sentita di accompagnarmi in caserma con la febbre alta.
Non credo se la fossero mai bevuta, del resto erano abituati ai soldati che si inventavano scuse incredibili, sentivo comunque attorno a me, un clima leggermente ostile, ma chi se ne fregava. 
Era già il 15 e il maresciallo aveva chiesto di formare due gruppi, uno di chi voleva andare in licenza a Natale e l'altro di chi voleva andare a Capo d'anno, quelli che preferivano il Natale erano pochi, così d'ufficio (oramai mi ero giocato la facoltà di scelta) mi mandarono in licenza il 22 dicembre.
Dopo 8 giorni di militare ero già in licenza, al rientro sarebbero partiti quelli che avevano scelto capo d'anno e invece mio padre mi fece dare, sempre tramite conoscenze, altri 5 giorni di malattia e così sono rientrato il 3 gennaio, con i marescialli che mi guardavano in cagnesco, ma stavolta cominciavo a fregarmene di meno.
Le giornate passavano come tutti, marce ed esercitazioni sulla neve, piantone nelle camerate, li almeno si stava al calduccio, code interminabili per il rancio, al freddo e sopra la neve, libera uscita per le strade di Casale e prove di tiro.
A proposito di sparare, siamo andati un giorno a lanciare le granate e un'altra volta a sparare con il fucile garand, un pezzo da museo dell'ultima guerra, ti davano un caricatore con 6 colpi, messi in riga per 10 uno accanto all'altro e al via, dovevi buttarti per terra in una postazione già preparata e sparare ad una sagoma ad una certa distanza.
Appena scaricato il caricatore, ci si alzava e venivano contati i centri, io ero il quinto e così .... il primo 4; il secondo 4; il terzo 5; il quarto 3, io zero.....il maresciallo mi guardò stringendo i denti e pensando non tanto velatamente: il solito meridionale buono a nulla solo bravo a marcare visita, a me non interessava più di tanto cosa pensava lui, ma mi rodeva avere fatto la figura dell'impedito davanti a gli altri.
Eppure ricordavo perfettamente di avere preso la sagoma più volte, continuiamo il conteggio .... il sesto 12, il maresciallo mi riguarda ed io con aria sprezzante e un ghigno beffardo, mi gustavo la mia rivincita.
Tra lettere e telefonate, è arrivata la fine del mese e con lei il giorno del giuramento, dalla sicilia con furore, noto film di Franco e Ciccio come consuetudine arrivarono: mia madre e mio padre con mio fratello Marcello che ha avuto la febbre per tutto il tempo che è stato a Torino, i miei suoceri e la mia fidanzata, a fine del giuramento ho avuto un 36 (ore di licenza) e con loro sono stato dagli zii, abbiamo visitato Superga, bevuto e mangiato gustando la deliziosa cucina della nonna e poi sono tornato in caserma, per essere trasferito a destinazione, a Brescia.
Appena arrivato mi hanno aggregato al corso di pilota carro che era già iniziato, vi immaginate, qualche anno prima avevo fatto il corso di pilota d'aero ed ero stato scartato per una leggera forma di otite alle visite mediche ed ora dovevo pilotare un altro trabiccolo ma terrestre.
Il corso era iniziato e quindi dovevo aspettare la conclusione, (20 giorni) poi una stacco di altri 20 giorni e infine 30/35 giorni di corso e solo allora avrei potuto avere la licenza.
La cosa non mi andava giù per niente, così mi sono messo a rapporto dal tenente e gli ho chiesto se potevo andare in licenza prima di cominciare il corso, lui mi trovò simpatico, un tipo tosto mi disse e mi mandò in licenza, aggiungendo: quando torni ti fai il corso di pilota, poi quello di furiere, appena finito quello di caporale e infine quello di tavolettista, diciamo ca mi cunzò u capizzo, tradotto, mi ha sistemato per le feste, ma intanto me ne sono andato in licenza.
Erano i primi di febbraio, in meno di due mesi avevo avuto due licenze, un 36 e avevo marcato visita 3 volte, se non vi dispiace, come sempre, avevo capito tutto della vita, per non dire che ad ogni corso avevo una licenza, in pratica una al mese, durante i corsi non facevo servizi, guardie e così via.
Quindi sono andato da caporale in fureria e da capo furiere, in verità il vero comandante della batteria ero io, andavo in licenza tutti i mesi e tutti imesi in 48 a Torino dagli zii.
Uscivo il venerdì pomeriggio per la libera uscita, prendevo il treno e la sera tardi cenavo già a Torino, poi la domenica dopo cena prendevo il treno e alle 3 di notte mi ritiravo in caserma, sempre una volta al mese avevo un 36, che utilizzavo per visitare la zona limitrofa di Brescia.
E' stato un anno di viaggiare e spesso erano viaggi lunghissimi e da cani, ma dei miei viaggi possibilmente, scriverò in un altro libro.
Mi sono congedato ugualmente il 6 dicembre di un anno dopo, avrei dovuto allungare di quei famosi 4 giorni di ritardo, ma l'intercessione di un sergente palermitano, mi permise di tornare a casa come tutti gli altri, per la festa dell'immacolata.
Quindi non ho fatto in pratica un anno di militare, ma 11 mesi e 26 giorni e non ci crederete, ma quei quattro giorni li sto scontando 40 anni dopo, in occasione della pensione e vi spiego.
Il servizio militare una volta riscattato, diventa servizio effettivo prestato ai fini pensionistici, ebbene, raggiungerò i 35 anni di servizio il 2 novembre 2016, 34 anni e 4 giorni di servizio, più 11 mesi e 26 giorni di servizio militare, se non mi fossi fermato a Torino per il risotto alla milanese, sarei andato in pensione il 30 ottobre 2016, ma è valsa sicuramente la pena, barattare 4 giorni di pensione con gli arancini di nonna Flora.