martedì 1 dicembre 2015

Tutti al mare.

La domenica estiva e quindi di mare, cominciava il sabato pomeriggio, mio padre era a lavoro e mia madre sempre alle prese con bambini piccoli e faccende di casa, così delegava il compito di fare la spesa a me e a mia sorella Flora, rispettivamente 10 e 8 anni.
Lei scriveva su un foglio di quaderno la spesa e noi andavamo a comprarla, la merceria non era distante, saranno stati una ventina di metri da casa, ma allora come ora, il sabato pomeriggio andavano tutti a fare la spesa e nella confusione, noi che eravamo piccolini, per furbizia dei grandi e per la nostra statura, non ci vedeva mai nessuno.
Così passavamo ore in merceria a fare la spesa, era estenuante, noi volevamo andare a giocare e invece dovevamo stare lì, così capitava spesso di distrarci e di perdere i soldi che ci aveva dato la mamma, a parte che venivamo rimproverati, sempre comunque e lo stesso, perchè o ci davano le cose sbagliate, o nel tragitto merceria-casa, facevamo un buco nella carta del concentrato di pomodoro (la salsina) e ne portavamo a casa sempre la metà.
Poi tutta questa spesa pesante per due bambini, la dovevamo salire fini al terzo piano senza ascensore, quando arrivava il sabato pomeriggio era bello perchè l'indomani si andava al mare, ma era un incubo, che continuava già dalla domenica mattina presto.
La domenica mi madre si alzava prestissimo, i condimenti li aveva preparato già il sabato sera quasi notte e di buon mattino preparava la pasta al forno, le melanzane, le cotolette, preparava tutti i pacchi e pacchetti.
Ci svegliava a turno e ci aiutava a lavarci, si alzava anche mio padre e io andavo in gelateria a comprare il gelato, che mi metteva già nei bicchieri che mi portavo da casa, poi un paio di filoni ancora caldi, un pezzo per uno e facevamo colazione a pane e gelato.
Mia madre sbrigava le ultime cose ed io con mio padre, mastello al seguito, andavamo a fare la fila per il ghiaccio, un altra rottura e appena arrivati a casa si caricava la macchina, li trovavamo tutto "l'equipaggio" e si partiva.
Arrivati al "Lido Azzurro" attraverso tutte quelle traversie che vi ho raccontanto, mio padre ci divideva il "carico" ed andava a posteggiare, tornando alla gabina quando le operazioni di "sbarco" erano già concluse e con le sole chiavi della macchina in mano.
La nostra gabina era l'ultima la numero 40, alla 39 c'era una cugina di mia madre la zia Gianna e alla 38 dei lontani parenti di mio padre i Mocada, noi avevamo l'ultima gabina perchè accanto c'era lo spazio dove sistemare tutto quello che ci portavamo dietro, canotto in primis.
Sulle gabine poi ci torniamo, ma passiamo al sottoscritto, a me toccava come ultimo viaggio, il mastello con il ghiaccio e le bibite e a parte che pesava un accidenti e poi portarlo sulla sabbia per tutto quel tragitto, vi lascio immaginare, ma la cosa che mi dava un fastidio enorme, era il fatto che mi prendessero per uno che vendeva le bibite sulla spiaggia, la cosa mi faceva vergognare ed incazzare da morire.
Mio padre con lo zio Nino il marito della cugina di mia madre e il Signor Moncada, montavano i teloni per fare ombra fra le gabine e davanti le porte delle stesse, sistemavano ombrelloni e tavolini, mentre la mamma, la zia Gianna e la signora "Monreale" preparavano da mangiare, tutti i bambini invece di corsa in acqua.
Lo zio Tanino che veniva al mare solo per stare in compagnia e giocare a carte, si sedeva all'ombra a leggere in corriere dello sport, lo zio Giacomino faceva la corte a Enza Moncada, motivo per cui "ammuttava" con piacere la macchina, il suo grande amore perso, perso perchè gli dava continuamente un bel due di picche, la zia Anna seduta sulla tovaglia sulla spiaggia, fissava un giovanotto palestrato che stava su di una barca sull'arenile, barca che comunque non era la sua.
Tutti i bambini si accorgevano dei due che si guardavano intensamente e appassionatamente e correvano a dirlo a mia madre che rispondeva: zitti, zitti, non gli e lo fate sentire a Mario, mio padre, perchè avrebbe fatto una scenata di gelosia a sua sorella, la zia Anna.
Lo zio Giacomino nonostante i rifiuti, continuava a provarci con Enza, del resto come dargli torto, occhi azzurri, capelli biondi leggermente mossi, un bichini mozzafiato che negli anni 60 era quanto dire e un "davanzale" che faceva invidia all' attrice più prosperosa del tempo, onestamente anche se avevo 10 anni, piaceva tanto anche a me.
Al bichini di Enza faceva da contr'altare lo Nino, un uomo bellissimo, un attore, tanto somigliate ad Amedeo Nazzari, con un costume di lana ascellare, che ancora oggi dopo avere trovato una spiegazione a quasi tutto, non riesco a capire come potesse sopportarlo, bagnato e con quel caldo.
I figli della zia Giovanna erano diciamo un po antipatici, Angelino il più piccolo li batteva tutti, passava il tempo a fare il bagno, usciva dall'acqua e mangiava, ancora il bagno, usciva e mangiava, lui stesso in dialetto siciliano ripeteva: ....fazzu u bagnu e manciu, fazzu u bagnu e manciu...., ma la cosa antipatica non era il fatto che mangiasse così tanto, quanto che a tutti piaceva la pasta al forno di mia madre e noi toccava poi quella brutta di sua madre.
Andare al mare era un supplizio, dovevi sopportare tutte queste situazioni, per non dirvi che tutto il giorno mi mandavano a comprare: la birra, le sigarette, i gelati eccetera, io mi lamentavo perchè dovevo farmi 40 gabine, sotto il sole e con la sabbia rovente, per consolarmi e a quel punto non potevo più lamentarmi, mi davano la compagnia, voi pensate Enza, magari, mi accompagnava suo fratello Renato.
Renato era un bambino della mia stessa età, solo che era trasparente, in che senso, era magro e scuro tipo Biafra e tutti al passare, lo chiamavano e lo facevano avvicinare, per spiegare a figli l'anatomia, vi giuro non c'era bisogno di radiografia, le parti anatomiche si intravedevano che era un piacere e andare a comprare qualcosa al bar con lui, per me diventava scocciante, sarò stato insofferente, ma permettete !
La gente all'imbrunire andava via, noi accendevamo il lumi a gas e cenavamo in spiaggia, io ero stanchissimo, tutto il giorno sotto il sole, senza il riposino pomeridiano, scottati e salati, dopo cena si sbaraccava e caricata la macchina si ripartiva per la città, mio zio Giacomino "ammuttava" e mia zia Anna si faceva venire il torcicollo, per guardare dietro il suo giovanotto aitante, che ci seguiva in lambretta.
Arrivati a casa, mio padre scaricava la macchina, e a noi toccava portare tutto al terzo piano senza ascensore, canotto sgonfio compreso, meno male che non c'era più la pasta al forno, la parmigiana, le cotolette e che il mastello era vuoto, senza il quarto di blocco di ghiaccio, mio padre andava a posteggiare e si ritirava con le sole chiavi della macchina.

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