mercoledì 18 novembre 2015

Come eravamo.

Correvano gli anni sessanta, quelli del bum economico e mio padre abituato com'era stato da sempre, a fare i conti con una dignitosa povertà, ha dato libero sfogo un po così come tanti in quei tempi, alla voglia arretrata di benessere, la prima cosa che ha segnato l'arrivo del benessere a casa mia, che poi era casa di mia nonna Concetta, è stata la televisione.
Mio padre come tutti aveva fatto la "fuitina", ovvero era scappato con mia madre e per il "finto disonore" si sono dovuti sposare, in realtà lo facevano tutti per superare le difficoltà economiche del matrimonio o quelle legate alla reticenza delle famiglie.
Due persone che facevano la "fuitina" principalmente per questioni economiche, andavano ad abitare a casa dei genitori di uno di loro, i miei andarono ad abitare dai nonni materni, non distantissimi comunque da quelli paterni, visto che stavano sullo stesso pianerottolo.
I programmi televisivi di allora andavano in onda solo la sera, nel pomeriggio alle 17,00 andava in visione su l'unico canale esistente la tivù dei ragazzi, con un pupazzo animato chiamato "Picchio cannocchiale", un programma di mezz'ora e poi la sera attorno alle 7 e 30 irradiavano il telegiornale e subito dopo "Carosello", uno spazio pubblicitario  di una ventina di minuti e infine l'unico programma di intrattenimento.
L'intrattenimento era vario, una sera una commedia, un'altra un film, il sabato il varietà, il famosissimo "Musichiere" e invece la domenica che non c'era la tivù dei ragazzi, prima del telegiornale trasmettevano un tempo di una partita di calcio e comunque tutto rigorosamente in bianco e nero.
La casa di mia nonna dove abitavo era piccolissima, due belle stanze grandi e un bagno-cucina, io giocavo sempre sul pianerottolo perchè dentro non c'era spazio, il pianerottolo in pratica univa le abitazioni delle due nonne, le porte allora erano sempre aperte e sembrava come se fosse tutta una casa.
Nella casa dove abitavo si entrava subito in una stanza, appoggiato al muro sulla destra c'era il lettino di mio zio Giacomino, fratello di mia madre, in fondo il letto dei miei nonni, a destra l'armadio e a sinistra il comò, davanti ai piedi del letto il tavolo e a sinistra della stanza la credenza, sulla parete accanto alla porta l'appendi panni e nella porta accanto il bagno-cucina.
Nell'altra stanza c'era la camera da letto dei miei, a destra il lettino tra comodino e comò, dove dormiva mia sorella Cettina, quella del vino esatto, a sinistra l'armadio, ai piedi del letto e davanti ad una parete di compensato che delimitava un camerino, dormivamo come si dice da noi "testa e piedi", io e mia sorella Flora, l'aristocratica, bravi.
Il bagno-cucina, aveva in mezzo una grande vasca rettangolare, sempre piena d'acqua perchè non avevamo un recipiente e poi faceva da frigorifero, li dentro mettevamo al fresco l'anguria, le bottiglie d'acqua, insomma tutto quello che si poteva tenere fresco, la carne no perchè non la mangiavamo quasi mai e nemmeno il latte, perchè la mattina passava il pastore con il latte appena munto e non ne restava mai, anzi.
In questa grande vasca che in dialetto si chiamava "pila", attingevamo con una caraffa l'acqua per scaricare il water, che a sua volta stava alla destra sotto la finestra, a sinistra poggiata su una lastra di marmo "la balata", c'erano i fuochi, accanto l'olio e le spezie, sopra sul muro erano appese le stoviglie e sotto al marmo, c'era la pattumiera, i detersivi, lo straccio e così via.
Tutto questo quadretto per dirvi quanto eravamo poveri e comunque felici di quel poco, i miei giocattoli erano i pezzettini di legno che lo zio Giacomino mi portava la sera dal lavoro, io ero tra i bambini più fortunati, perchè stavo in casa con uno zio falegname, altri non potevano giocare nemmeno con quei pezzetti di legno.
Ma in tutta quella povertà, arrivò pure da noi il bum economico (effimero comunque), mio padre che faceva l'idraulico (povero), firmò 28 metri cubi di cambiali (forse ne deve ancora pagare qualcuna), però a casa nostra arrivarono la "lambretta" e udite, udite, la televisione.
La lambretta, sarà lo spunto per la prossima storia, invece la televisione arrivò come uno status simbolo, la piazzammo accanto alla credenza e vicina al balcone, così la sera appena finito di mangiare, in verità non è che ci volesse tanto tempo a mangiare pane e mortadella (anche questo sarà spunto per un'altra storia), i grandi si sedevano sul letto di zio Giacomino a mò di divano, i bambini con una coperta sedevamo per terra.
La televisione era un forte richiamo, anche per i vicini che non sapevano firmare le cambiali, si invitavano sedie alla mano, per vedere gli sceneggiati del tenente Sheridan, il "lascia o raddoppia", il "musichiere", ma quello che attirava i vicini in maniera massiccia e se vogliamo anche in modo spudorato, era il festival di San Remo.
Oltre a noi, 5 grandi e 3 bambini, entrava la nonna Flora, il nonno Turiddu e la zia Anna Maria, saliva la "zà Ciccina Marrone", scendeva la signora Cannatella con le figlie Mimma e Norina, saliva la "Chianiota" (nata a Piana degli Albanesi) con Agnese e da qualche ventina di metri più in là, arrivava lo zio Matteo e la zia Pina.
Ora non chiedetemi dove mettevamo tutta quella gente e in quella unica stanza già stipata di suo, perchè se no mi viene il mal di testa.

Foto tratte dal web.

1 commento:

  1. Tu non sai,quanto sono felice di leggere questi racconti di vita vissuta che non torneranno mai più,ma li vivo attraverso la tua memoria ed è come essere stata li in quei anni,sei un talento.

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