martedì 3 aprile 2018

Un tuffo a Palermo


E' stata così breve e intensa questa breve vacanza a Palermo, che la posso paragonare veramente ad un tuffo, un tuffo com'è? breve! tranne se non ti tuffi da 200 metri il tuffo è un attimo e poi c'è l'impatto, intenso, ti senti qualcosa di spessore che ti avvolge, che volete, oramai faccio lo scrittore pure per compilare la lista della spesa.
SENSAZIONI? Per certi versi c'è abitudine, per me anche un certo fastidio, la tensione di non scordarsi qualcosa, la paura di trovare al ritorno la multa sul parabrezza della macchina lasciata al parcheggio dell'aeroporto, i sediolini dell'aereo sempre più piccoli e stretti, bagagli a mano o da stiva, chi ti viene a prendere e chi ti viene a lasciare e poi ......
...... e poi, hai quattro giorni (di relax) e devi fare cose per una settimana, tutti pretendono di vederti ma devi andarci tu che sei senza macchina, quando arrivi hai: l'amministratore da vedere, l'IMU da pagare, le cose da comprare e poi non capisci come mai ..... che quando sei arrivato hai svuotato le valige e ora le cose che hai comprato non ci stanno.
Insomma vai via più stanco di quando sei arrivato, stressato, pentito e amareggiato, però forse tutto questo "copre" la malinconia di partire e andare via.

Ora vi beccate altre quattro pagine del mio IV° libro e leggetele se non no ne scrivo più, non è un consiglio, è proprio una minaccia.

La seconda tappa era la Basilica di San Michele, siamo passati e ci siamo persi in un mercato stagionale che si snodava per tutte le vie del centro, dove era possibile acquistare cibo, vestiario ed era anche un set fotografico naturale di primordine.
Qui ci siamo gustati un bel pranzo a base di tapas ma con i sapori della cucina francese, aquitania e basca, il tutto accompagnato da un bel calice di vino Bordeaux eccezionale, non per niente è la città del vino e li abbiamo comprato anche lenzuola e federe, prima di recarci a fotografare la Basilica.
Appena finito siamo tornati in albergo per una doccia e poi siamo usciti ancora per andare al le Miroir d’Eau, uno specchio d’acqua che si spiana davanti al Place de la Bourse e al Place du Parlement, dove nelle belle giornate non è insolito attraversarlo a piedi e giocare con i suoi getti d’acqua.
Ula si è persa nell’ammirare e fotografare la piazza creata dai due palazzi, intanto calava il buio e complice la stanchezza, alla fine non siamo riusciti a vedere le Miror d’Eau, così ci siamo accomodati in un bistrot al palazzo del parlamento e ci siamo gustati un tagliere misto di formaggi e salumi tipici francesi e bevuti stavolta un’immensa birra ghiacciata.
Il secondo giorno dopo avere fatto colazione, siamo tornati a le Miroir d’Eau a fare il servizio fotografico che non eravamo riusciti a fare il giorno prima, fermandoci ancora alla Gllm-Guillaume a prendere un caffè, quel
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posto ci aveva rapiti, aveva cibo fresco e di qualità, ottimi prezzi e la possibilità di mangiare dolce e salato, seduti comodamente e senza per questo pagare un sovrapprezzo, che è invece una cattiva abitudine delle pasticcerie francesi.
Arrivati al Miroir d’Eau che dire, è un posto che ti rimane nel cuore, una fontana che fontana non è, che riflette il cielo e la piazza, un luogo perfetto da fotografare, un luogo dove i bambini e gli adulti giocano e scorrazzano felici nell’acqua, li ti dimentichi di tutto e così dopo il servizio fotografico abbiamo riposto tutto in angolo ben sorvegliato, Ula mi ha afferrato la mano dopo essersi tolta le scarpe e nonostante fosse così esile mi trascino con lei.
Sono rimasto meravigliato dalla ragazzina che c’era in lei, mi ha tirato dentro e poi mi ha schizzato scalciando con i piedi l’acqua, ad un tratto è partita per impegnarsi in una corsa sfrenata e urlando tornò verso di me a tutta velocità per poi frenare di botto e ricoprirmi d’acqua.
Eravamo fracidi, lei ansimava e sorrideva, la camicia bagnata appiccicata addosso lasciava intravedere tutto, Ula aveva ancora un bel corpo e mi eccitava, mi sono girato e gli ho detto di andarci ad asciugare che avevamo ancora da lavorare.
Ci siamo seduti nell’angolo dove c’era l’attrezzatura, quasi distesi con la faccia verso il sole per asciugarci,
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era fine luglio e c’erano 26 gradi, io non riuscivo a togliere gli occhi dalla camicia di Ula spalmata sul seno piccolo ma ancora turgido.
Appena asciutti abbiamo raccolto tutto e prima di tornare in albergo, ci siamo diretti in stazione per controllare gli orari del treno per Biarritz e acquistare i biglietti, da lì siamo andati ancora a mangiare al Gllm-Guillaume, prima di tornare all’albergo per fare i bagagli e liberare la stanza.
In Francia muoversi in treno è comodo, veloce, poco costoso, puntuale e pulito, Ula ha pagato il conte e siamo tornati alla Gare Saint-Jean a prendere il treno per Biarritz in partenza nel tardo pomeriggio, un tragitto di 200 chilometri con treno ad alta velocità.
Dalla stazione abbiamo prenotato due stanze e abbiamo lasciato Bordeaux, stavolta con Ula abbiamo parlato del più e del meno, di tutto ciò che il paesaggio ci offriva, i vigneti dell’Aquitania, i campi e le tipiche casette rurali.
Io amo viaggiare in treno, per me è la maniera più bella di viaggiare, vedi il cambiare veloce e continuo dei paesaggi, dei colori, dei luoghi ed è anche il posto dove puoi intavolare delle belle conversazioni, rimorchiare!?
La stazione di Biarritz è un poco distante dal centro, il taxi è costoso e così noi abbiamo preso il bus, abbiamo impiegato meno di un’ora per arrivare in uno dei posti
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più belli al mondo.
Biarritz è un paese Basco, con l’architettura e la cucina tipicamente basca, si trova proprio dietro ai Pirenei e davanti l’Oceano Atlantico, un posto stupendo.
Il centro di Biarritz è quasi tutto pedonale e il nostro hotel era proprio in pieno centro, così ci siamo fatti un bel pezzo di strada a piedi e in salita, ma ne valsa la pena per quello che abbiamo visto, è stato bellissimo.
Davanti all’albergo c’è una grande spiaggia di sabbia dorata, in mare tanti ragazzi con il surf, erano già passate le sei del pomeriggio e c’era tanta gente che stava gustandosi un aperitivo davanti all’oceano, le famiglie facevano shopping e altri tornavano a casa con i costumi ancora bagnati.
Le nostre stanze erano all’Hotel le Saphir, posate le valige in camera e fatta una meravigliosa doccia, Ula ha voluto dirigersi verso la Còte des Basques perché voleva vedere l’oceano da quel punto.
Siamo passati da una piccola spiaggia che si forma fra le due coste, riparata dal vento e dalle prepotenti dell’oceano, la Còte des Basques è una spiaggia grandissima e Ula ha insistito per farmi arrivare con lei fino al bagnasciuga.
Adorava chiudere gli occhi e sentire il vento accarezzargli il viso e scompigliargli i capelli, mentre le
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