mercoledì 6 aprile 2016

Pani e alivi.

Premessa

Come vi dicevo in un capitolo del libro "Mi racconto", uno vecchio come me, di cose da raccontare ne ha e visto il successo di gradimento ottenuto, ho pensato di raccogliere in questa mia nuova fatica (non è vero, non è una fatica per niente, ma fa tanto intellettuale), i ricordi dei miei viaggi.
Spero di riuscire anche in questo "viaggio", ad essere ugualmente ironico e interessante, - squillino le trombe, rullino i tamburi, signori, andiamo a incominciare -
Credo di avere avuto 4 o 5 anni al massimo, in quel tempo in estate mio nonno Turiddu, smetteva il suo lavoro di ambulante a Porta Carini nel primo pomeriggio, prendeva le sporte con la spesa e si portava lungo la via Volturno, dove stazionavano sempre le carrozze da nolo, ne prendeva una, quasi spesso quella di suo compare Cola e si faceva accompagnare a casa, nei pressi del corso Olivuzza.
Li "U gnuri", o meglio il vetturino, aspettava sotto casa che scendessimo io e mia nonna Flora, per poi dirigerci alla Arenella, dove viveva suo fratello Nino, detto dagli abitanti della borgata marinara "testiligno", per avere giocato una partita di calcio a Roma tra rappresentanze militari davanti al Duce e per avere segnato un gol di testa dal centrocampo.
Lui faceva il custode dell'allora "Chimica Arenella", io ero il primo pronipote e poi ero stato concepito, nella fuitina che mia madre e mio padre avevano fatto, rifugiandosi proprio da questo mio prozio all'Arenella, quindi ero un pò il pupillo, anche per la mia "maturità", figuratevi che mi chiamavano "u papànicu", letteralmente tradotto, il papà piccolo.
Lo zio Nino comunque era un mattacchione, ne combinava di tutti i colori ed era sempre sorridente, lui reagiva ad una contrarietà sempre con una risata, aveva la battuta facile e raccontava sempre le cose a modo di barzellette, incontrarsi con lui era sempre una cosa bellissima, come quando io già sposato l'ho incontrato all'ippodromo, questa ve la devo raccontare e poi torniamo a pani c'alivi.
Parliamo degli anni 91/92, io avevo già Mario ed Ambra e li portavo la domenica pomeriggio all'ippodromo a vedere i cavalli, un pomeriggio guardando dalla tribunetta, mi sono accorto di lui, che al contrario degli altri, non guardava i cavalli correre ma la tribuna, siccome era un piacere incontrarlo, andai verso di lui, che mi accolse con il suo solito sorriso e alla mia domanda cosa ci facesse lì, rispose:
Io non vengo qua per giocare ai cavalli, io mi diverto a guardare la gente, vedessi le facce di quelli che incitano i cavalli, la faccia di chi vince e quella di chi perde, ma quale televisione, qui è un cabaret.
Questo per dirvi del personaggio, per lui ero "me niputi pani e alivi", perchè!
Una di quelle volte che vi dicevo, sono arrivato all'Arenella con i miei nonni, siamo scesi dalla carrozza, si sono svolti i soliti convenevoli, abbracci, baci e mentre andavamo dentro casa, lui con la sua solita risata "a mancia ossa cu sali", con fare disinvolto e rivolgendosi a mio nonno, giusto per farsi dare una risposta da grande, da parte mia gli disse:
Ah! hai portato di nuovo il bambino !? come facciamo, non ho niente per lui, adesso cosa gli diamo a mangiare ?
Io non ci ho pensato due volte e da grande a 4 anni, gli ho risposto ribattendo prontamente: zio, non ti preoccupare, a me basta un po di pane e quattro coccia alivi (quattro olive).
Vi lascio immaginare le risate di tutti i presenti e l'ammirazione (durata anche in futuro ma per altre cose) per questo grande piccolo Crisà.
Ora voi mi chiedete e quando mai, che centra pane e olive con i viaggi, centra, perchè allora andare all'Arenella in carrozza era un viaggio e poi con la fame che c'era a quei tempi, un viaggio più lungo era solo quello negli Stati Uniti, come emigrante con la valigia di cartone.

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