venerdì 26 febbraio 2016

1970 licenza di essere ucciso.

Chiusa la trilogia della scuola, torno ai fasti di Terrasini, dalle francesine alla mortadella passando ad uno spavento che non vi dico, ma ve lo dico, ve lo dico, non preoccupatevi.
Allora, avevo chiuso con Rita, mi aveva "chiuso" Emanuela, avevo ricevuto un bel po di "due di picche", quando da alcuni parenti di mio padre, che nel frattempo si erano insediati a Terrasini anche loro, arrivarono per la villeggiatura due sorelle, a sua volta parenti di chi le ospitava.
In sostanza "parienti ri parienti, ca a mia ummi vieni nienti", traduco: parenti dei miei parenti, che a me non vengono nulla, in pratica non erano parenti miei, ma questa larga parentela, serviva per frequentarci più liberamente e per tenere lontani "gli avvoltoi", sempre pronti a soffiarti le ragazze da sotto il naso.
Non so se vi ho detto che Gianni poi l'ha pagata, quella vittoriosa conquista francese alla cantina, una sera non ricordo per quale motivo, non siamo andati alla cantina a ballare, il motivo sarà stato sicuramente perchè "ni liccavamu a sarda", in parole povere eravamo singoli e così siamo andati in spiaggia a fare il bagno di notte e li Rosario ha meditato e messo in atto, la sua vendetta.
Abbiamo posteggiato la macchina sotto il terrazzo dello chalet, dove stavano ballando, il mare nero luccicava di una scia riflessa dalla luna, decorato dalla bianca spuma del riflusso delle onde, ci siamo fermati vicino la riva, eravamo gli unici esemplari sulla spiaggia deserta, abbiamo appoggiato su una tovaglia i nostri vestiti e ci siamo immersi.
La carezza tonificante dall'acqua tiepida, ti dava una sensazione di pace e benessere, non tanto lontane dalla terrazza dello chalet, arrivavano le note "sbiadite" delle canzoni, siamo rimasti in acqua per un quarto d'ora, venti minuti al massimo e siamo usciti a prendere i "rizzi i friddu", i brividi di freddo, che nonostante fosse agosto, bagnati e a quell'ora, non poteva essere diversamente.
Con le tovaglie sulle spalle e tra una sigaretta e l'altra, si "sparlava" di questa o di quella ragazza, quando ad un tratto Rosario rivolgendosi a Gianni gli dice: eppure, vediamo se sei coraggioso, dammi la rivincita della scommessa delle francesi, fatti il bagno nudo.
Gianni tentennò un poco e siccome era un inguaribile istrione, rispose: accetto ! sfilò via il costume e di corsa si infilò in acqua, Rosario prese i vestiti e corse in macchina e non appena l'ignaro Gianni uscì dall'acqua ed era nudo sul bagnasciuga, gli puntò contro i fari della macchina e lo piantò in acqua per diverso tempo.
Vendetta compiuta, ma torniamo alle sorelline, pensate che io e Rosario ci saremmo fatti scappare l'occasione ? che non sia mai, così le abbiamo invitato subito ad uscire, si sono create le coppie in modo naturale (a me toccava sempre la più brutta) e nel giro di un paio d'ore eravamo già "fidanzati".
Perfetto, si torna in pista, ricomincia la vita da "vivier", la mattina passavamo a prenderle a casa ed andavamo al mare, strusciate, bagno, "limonate", mattina, pomeriggio e sera, ma non era la cura del medico.
A quei tempi a Terrasini stavano allungando i moli frangiflutti e avevano dragato il fondo del porto, riponendo la sabbia di risulta, nel tratto più stretto della spiaggia, creando delle dune che di fatto dividevano la spiaggia in due parti, dietro quelle dune, avevamo preso l'abitudine di appartarci.
Era diventata una sorta di "atollo", c'eravamo solo noi quattro, tutte le dune e il mare era a nostra disposizione e siccome l'occasione fa l'uomo ladro, tra un bagno e l'altro i costumi volavano via che era un piacere ed era veramente un piacere, sul serio, credetemi.
Così un giorno, eravamo appena rientrati dal bagno e ci siamo distesi a prendere il sole di fianco uno difronte al proprio patner, mentre armeggiamo con reggiseno e mutandine (la descrizione è necessaria) e ad un tratto Rosario con voce ansiosa mi dice: Salvo ma chi è quello che esce dal mare ? ci siamo ricomposti e messi seduti a guardare.
Piano piano, la figura scura emergeva dalle acque e si avvicinava, come Ursula Andress in "007 licenza di uccidere", nera e minacciosa, si identificava sempre più in un sub armato di tutto punto, coltello dentellato, fiocina armata pronta a sparare e con la maschera in volto per non essere riconosciuto, dopo il quadruplice assassinio.
Adesso era sulla battigia, il cuore andava a mille, la salivazione era azzerata e il sangue era schizzato al cervello, si avvicinava, tolse la maschera e li siamo morti tutti e quattro, era il padre delle due ragazze, l'imbarazzo regnava sovrano, volevamo scappare, sotterrarci sotto la sabbia, senza nemmeno metterci d'accordo, abbiamo trovato il compromesso, abbiamo fatto finta di niente, ad un tratto si è fermato e rivolgendosi verso di noi ci disse: scusate, sapete che ora è ?
Rosario dopo avere deglutito non so quante volte rispose: mezzogiorno e lui: ok, grazie, rimise la maschera, fece un goffo giro di 180 gradi e "pinneggiando" così come era arrivato andò via, scomparendo tra i flutti.
Ci siamo guardati increduli, il sangue tornò a scorrere tranquillo, il cuore è tornato al suo posto, bevemmo un sorso d'acqua e ci siamo abbracciati, anche lui era stato in imbarazzo, così tanto che non si accorse che quelle ragazze li, appartate con noi erano le sue figlie.
Foto tratte dal web.

venerdì 19 febbraio 2016

Copertina

In attesa di pubblicare, credo gli ultimi tre capitoli, più uno conclusivo che dovrebbe raccoglie piccoli fatti, più che vere e proprie storie, ai miei lettori affezionati la maggior parte dei quali, sopravvalutandomi mi chiede di pubblicare un libro, dedico e presento in anteprima e sicuramente nell'unica apparizione in pubblico, la copertina di questo richiestissimo libro.
Il tentativo di trovare un matto disposto a farsi ridere dietro, per pubblicare il libro lo farò, male che vada e che andrà, pagherò una tipografia in rovinose condizioni economiche disposta a tutto e mi farò stampare il libro, che venderò obbligatoriamente ad amici e parenti, ad una cifra simbolica di 99 euro e 90 e non avrò mai i 10 centesimi di resto, per beneficenza, la mia.


Foto tratta dalla copertina del omonimo bestseller.

giovedì 11 febbraio 2016

Trilogia

La "trilogia" della scuola si conclude con le anticipazioni del post precedente, sulla "Pergola", il viaggio d'istruzione a Taormina, i temi di mia moglie e il ritorno a scuola dopo 10 anni.
Non so se vi ho detto che dopo due anni di industriale, ho deciso di cambiare e ripartire da zero, in una scuola che mi soddisfacesse di più, così mi sono iscritto al professionale, nella sezione disegnatori, se no che "nuovo giotto" ero, devo dire che ho fatto bene, avevamo un paio di rientri pomeridiani che dedicavamo solo ed esclusivamente al disegno, era un po come se lavorassimo nell'ufficio progettazioni della fiat.
Si facevano tutte la materie, magari meno approfondite, ma si simulavano progettazioni meccaniche, con i relativi disegni, quindi al contrario degli altri istituti, da noi c'era la mensa e con un contributo di 60/80 lire, mangiavi un primo, un secondo e la bibita.
Dirvi che si mangiava male, mi sembra superfluo, difronte la scuola un po più sotto, tra i palazzoni nuovi, c'era una casa rurale, residuo del saccheggio edilizio, con un gran bel pergolato e li si faceva da mangiare.
Una trattoria casereccia, dove andavano a mangiare: muratori, meccanici e avventori di ogni tipo, tra questi noi quattro, lasciavamo quindi a gli altri la pasta al forno scotta e "squarata" (con poco condimento), la soletta, volevo dire la cotoletta impana, così sottile che era più la panatura che la carne e noi si pranzava a spaghetti alla grassa e salsiccia, il tutto innaffiato da un quartino di vino bianco.
Cosa volete, anche questa è "rivoluzione culturale", non rompevamo solo le scatole, pure gli schemi, per esempio tutti facevano ricreazione con il panino con le panelle, io al bar cartoccio e cioccolata calda, certo si evidenziavano le mie nobili origini, il mio sangue blu, poi qualche volta ve ne parlo.
Torniamo alle panelle e in questo caso all'ultimo anno del quinquennio, l'anno in cui ho conosciuto una ragazzina di sedici anni, con dei meravigliosi capelli lunghi, lucidi e neri, quella che ancora oggi mi sopporta, sorvolo su come l'ho conosciuta e su tutto il resto, andiamo al sodo.
Per evitare che quelli del professionale, si potessero incontrare con le ragazze del magistrale limitrofo, si faceva ricreazione in orari diversi, prima toccava a noi e poi appena rientravamo, andavano a ricreazione loro, io restavo fuori e mi facevo la ricreazione con lei, che mangiava sempre il panino con le panelle, lei mi dava il titolo del tema e io, dopo avere scavalcato per rientrare in classe, mi mettevo all'ultimo banco e gli e lo svolgevo.
Loro rientravano dalla ricreazione nella palestra all'aperto, facevano un ora di educazione fisica e poi tornavano a finire il tema, io gli facevo un tema veloce, veloce e poi dal tetto della scuola, gli e lo tiravo, prendeva sempre due, ma non era colpa mia, dall'altra parte doveva esserci un professore "fascista" che non condivideva le mie idee.
La gita d'istruzione a Taormina. Al terzo anno ne avevamo fatto una a Massalubrenze, io non avevo i soldi e non ci sono andato, è stata un disastro, bottiglie di vino rubate, svuotate e buttate in un campo adiacente all'albero con l'arrivo dei carabinieri, scorrazzamento di compagni nudi per i corridoi dell'albergo a fare i "gavettoni" agli insegnanti, rientro in sede senza un compagno "fuggito" dietro ad una ragazza conosciuta in loco.
Taormina quindi, a quanto pare i professori non avevano imparato nulla e così andiamo a Taormina, passando prima in visita ad una fabbrica nel messinese, appena arrivati nel borgo medievale, facciamo un giro per il paesino e poi siamo andati a mangiare e bere, Sergio e Vicè, che non reggevano nemmeno la coca cola, come sempre si sono ubriacati e quando siamo usciti a fare due passi, Sergio si è preso un vespino posteggiato e si è fatto il giro per il borgo, con tutti noi che lo inseguivamo.
Tornati in albergo, abbiamo provato a fare una partita a carte, ma Sergio e Vicè erano troppo "alticci", così abbiamo deciso di andare a letto.
Nel bel mezzo della nottata sento sbattere la porta della stanza e Sergio che dormiva con me, era al quanto affannato, al buio e assonnato gli chiesi cosa stava succedendo, lui mi rispose: presto, presto ci hanno scoperto e continuava a buttare tutto giù dalla finestra, ho avuto il tempo di fermarlo e mi arriva Bruno: presto, vieni a darmi una mano, mi dice, Vicè si è addormentato con la sigaretta accesa e ha preso fuoco la tenda.
Abbiamo riportato alla calma la situazione, Sergio e Vicè si erano addormentati come due angioletti, quando arrivarono i carabinieri, interrogatori e conseguenti negazioni, è finita con una strigliata da parte dei professori, che prima di partire, promisero solennemente a Sant'Agata, competente per territorio, che non avrebbero più fatto viaggi d'istruzione.
Queste ed altre vicende, sono state negli anni successivi al nostro diploma, motivo di discussione tra i professori e le nuove generazioni di studenti che ci hanno seguito, tanto che un giorno dopo dieci anni, ero al bar davanti alla scuola e parlavo con un professore, quando un paio di alunni si sono rivolti a lui.
Il professore gli rispose dicendo che per il momento stava parlando con Crisà e che ne avrebbero parlato dopo, a quel punto i due ragazzi sono usciti dal bar e gridarono ad un gruppo di altri che era fuori: ragazzi, venite tutti c'è Crisà, e tutti di corsa ad esclamare: ah .... è questo Crisà ?
Sono rimasto senza parole e mi girai a guardare il professore che mi incalzò dicendo: parliamo sempre di voi, di tutto quello che avete combinato, gli raccontiamo sempre le vostre storie, noi non vi abbiamo dimenticato, qui siete famosissimi.

mercoledì 3 febbraio 2016

Alunno modello.

"..... siamo felici che vi siete tolti dalle scatole, ma sentiremo la vostra mancanza, per molti anni ancora".
Questa è la frase con la quale i nostri professori ci hanno "liquidati", ho detto giusto, liquidati e non licenziati, proprio così, credo che nessuno a scuola sia stato un santerellino e che quindi, dopo tutto non eravamo niente di particolare, però qualcosa di diverso c'era.
Intanto credo che eravamo "particolarmente" più maturi degli altri, no più grandi anche se per certi versi lo eravamo, più grandi ... proprio ....  più "avanti" insomma, non so se riesco a dare l'idea, eravamo un gruppo di quattro "compari" e le nostre "malefatte", erano come dire .... intelligenti, piacevoli, educate, non riuscivano mai ad offendere o a costringere qualcuno ad avercela con noi.
Vi faccio un esempio, noi si andava a scuola senza libri, avevamo un quaderno arrotolato che Vicè portava nel suo borsello e su cui a turno prendevamo gli appunti, questi poi io li ricopiavo in bella (quel quaderno c'è l'ho ancora) e studiavamo tutti su quegli appunti, ogni volta che uno di noi doveva essere interrogato.
Certo stavamo attenti alla lezione, in modo che bastava rinfrescarsi la memoria con gli appunti ed eravamo pronti per le interrogazioni, beh, avevamo sempre la sufficienza niente di che, ma ci bastava, i professori solo per noi quattro, ci riservavano interrogazioni sulle lezioni passate e su quella appena spiegata, molto spesso addirittura anche su quella che dovevano spiegare.
Chiaramente si trattava di lezioni logiche, del tipo matematica, meccanica o geometria, dove tutto era logico, conseguenziale, in pratica accettavano la nostra sfida, quella di insegnare per concetti, non a pappagallo, ci dicevano sempre (ancorati a vecchi sistemi): "ti meriti di più, ma siccome non hai fatto i compiti, 6".
Noi gli facevamo notare, che gli esercizi fatta alla lavagna, dimostrano tutto il nostro sapere, fugando ogni dubbio sull'eventuale partecipazione dei nostri genitori, ecco perchè eravamo "avanti" e il perchè di questo amore e odio nei nostri confronti, si davano il contegno da professori, ma sotto, sotto, apprezzavano questa nostra nuova "rivoluzione culturale".
Noi avevamo un così bel rapporto con i professori, ripeto proprio da gruppo maturo, progressista, ricordo che quando facevamo "l'ora", marinavamo la scuola per intenderci, programmavamo insieme con loro, dove andare, perchè noi si marinava la scuola per andare a fare le grigliate in campagna da qualcuno, non per ciondolare ai giardinetti.
Noi per i primi quattro anni, pur frequentando l'istituto accanto a quello femminile, andavamo a "rimorchiare" in altre scuole, chiaramente distanti dalla nostra, questo ci comportava un certo disagio, vista la concomitanza degli orari di lezione e il fatto non indifferente che non eravamo motorizzati e ci si spostava in autobus.
Ora, se alle 8 e 30, avevi finito di baciare una ragazza che stava entrando a scuola e non avendo il dono ubiquità, non potevi essere in quello stesso momento in classe, mettici poi che dovevamo aspettare e prendere l'autobus per andare a scuola, non potevamo fare a meno di entrare a seconda ora.
Secondo voi era un problema ? per niente, si entrava sistematicamente quando arrivavi, l'importante era arrivare entro la prima ora, una faticata che non vi dico, ricordo ancora lo stupore di tutti quei ragazzi davanti al cancello arrivati in ritardo, che scongiuravano il custode di farli entrare e noi, si arrivava e si passava, con tutti li a chiedere come mai, il custode rispondeva: ".... loro possono, sono autorizzati dal preside".
Lo stesso discorso valeva per l'uscita, nell'ultima ora non si poteva andare in bagno, ma noi non potevamo aspettare la fine delle lezioni, così anche se non si poteva andare, una scusa la trovavamo sempre e andavamo via, una corsa con autobus a prendere la ragazza a scuola e l'accompagnavamo a casa, sempre con l'autobus.
Mi trattenevo un poco con lei e tornavo a casa mia (ancora in autobus), erano già quasi le tre e mezzo del pomeriggio, mangiavo, un riposino veloce "buttato" sul divano e attorno alle 17 scendevo da casa per vedermi all'angolo con gli amici, si parlava di calcio, si faceva qualche apprezzamento alle ragazze che passano, ci raccontavamo un sacco di barzellette, uno scherzo a questo, uno scherzo a quello e poi si tornava a casa,
Alle otto si cenava e dovevo essere puntuale, se no erano fatti miei, mio padre ci teneva e tanto e poi menava pure, dopo cena mettevo a posto gli appunti della mattinata, tra un programma televisivo e l'altro e poi andavo a letto, sulle note delle "musicassette", del grande Lucio Battisti.
Per ora questo, poi vi racconto dei nostri compagni di classe che senza di noi non si divertivano, della trattoria la "Pergola", del viaggio d'istruzione a Taormina, di quando sono tornato a scuola dieci anni dopo e di quando facevo i temi a mia moglie e gli facevo prendere due.