venerdì 16 ottobre 2015

.... ma vuje a tenite a fame ?

Attorno agli anni 70 a casa da mio padre, la nostra famiglia si era alquanto allargata, alcuni erano in casa a tempo pieno, altri invece lo erano part-time, oltre ai miei genitori quindi c'erano: sei figli, la mamma di mio padre (a tempo pieno), lo zio di mia madre e il fidanzato di mia sorella (part-time) e il cane Willy, anche lui a tempo pieno.
Perchè part-time, perchè venivano solo la sera a cena e la domenica pure a pranzo, la casa non era grandissima ma neanche piccolina, oltre alle camere e ai servizi, avevamo buttato a terra un muro che collegava la cucina con la veranda e avevamo realizzato una cucina-soggiorno, dove praticamente si viveva tutto il giorno e dove ci riunivamo per mangiare.
Era diciamo una cucina-soggiorno su misura, perchè a tavola se a qualcuno scappava la pipì, dovevano alzarsi anche in cinque, le sedie erano distanti dal muro giusto un palmo, io ero a capotavola difronte a mio padre ed ero proprio quello che per andare in bagno, doveva fare alzare più persone.
Alla destra avevo mia nonna, poi andando verso mio padre c'erano le sorelline più piccole e mia madre rigorosamente accanto a mio padre, com l'ultimo arrivato in braccio, mentre a sinistra accanto avevo il televisore, poi mia sorella Cettina a cui scambiavo sempre e sistematicamente, il suo bicchiere di vino pieno con il mio vuoto e poi sempre ad uscire, mia sorella, il suo fidanzato e lo zio "Tanino", il cane Willy stava sotto il tavolo, dove riceveva tutto quello che a noi non andava.

Con il cane Willy eravamo in forte concorrenza, perchè a sedici anni mangiavo pure le pietre, mia sorella Flora quella fidanzata, mi chiamava in dialetto " 'a Vaselli", altro non era che il nome della ditta che raccolta rifiuti, che prendeva il nome dal proprietario, un certo Conte Vaselli.
Ma le cose più curiose del momento conviviale erano due: noi che mangiavamo "grezzo", panelle, purpitielli murati, mussu e caldume, mentre mia sorella che voleva fare l'aristocratica, al fidanzato dava sempre la carne, quando lui (ma c'è lo ha confessato una volta sposato) invece avrebbe preferito "l'altro" e secondo il fatto che ero così accanto al televisore, che lo vedevo di "sguincio" e riconoscevo gli attori solo di profilo.
Una sera di settembre tra una mafalda con la mortadella e un bicchiere di vino (mia sorella e il suo fidanzato carne), nasce l'idea di andare a Torino a trovare la sorella di mio padre e così i massimi responsabili del viaggio, massimi perchè erano loro ad accollarsi le spese, lo zio Tanino e mio padre insieme, davanti a qualche bicchierino di Unicum, stabiliscono la strategia del viaggio.
I giorni che seguirono sono serviti per fare i biglietti, coinvolgere il fratello di mio padre che avrebbe contribuito alla mia quota, visto che ero l'unico a non pagare e poi tutto l'itinerario, intanto si doveva fare di fine settimana per questione di lavoro, loro e prima di ottobre perchè cominciava la scuola, io.
L'itinerario era il seguente: partenza la sera dal porto di Palermo con il postale per Napoli, lì lo zio Tanino aveva un amico d'infanzia, anche lui scultore in legno e voleva rivederlo e poi da lì in treno avemmo raggiunto Torino.
Lo zio Tanino era scultore in legno, la famiglia di mia madre erano di generazione carrettieri, ma no come trasportatori, erano costruttori dei carretti siciliani e ognuno aveva la sua specializzazione, lo zio Tanino scolpiva in legno pupi, angeli, draghi, cavalieri e quant'altro possibilmente il committente gli chiedeva.
All'ora un pò per le condizioni economiche e un pò perchè non si andava mai da nessuna parte, ci siamo fatti prestare qualche borsa capiente, qualche valigia fortunatamente non erano legate con lo spago e alle 19 siamo partiti dal porto di Palermo, direzione Napoli per quello che poi alla fine era il mio primo viaggio, se escludiamo Palermo-Isola in estate, in "lambretta" con i miei genitori.
Partire di fine settembre con la nave non è molto consigliabile, ma chi lo sapeva, ci doveva essere la prima volta e così è stato, siamo partiti in maniche corte, abbiamo preso il posto sul ponte, ci siamo portati il filone, mezzo con la frittata e l'altro mezzo con la cotoletta e una bella bottiglia di vino. Onestamente non vedevamo l'ora di metterci a mangiare e vi dico che un boccone di pane con la frittata e una "'ntrummata" nella bottiglia col vino, a mare aperto, con la brezza che odora di iodio è sublime, ma le cose si sono messe male dopo un poco.
Cominciammo a sentire freddo, nella valigia di mio padre c'erano i maglioni quelli fatti a mano e il prurito con le maniche corte non vi dico, più volte ho pensato che tra i due mali forse era meglio morire assiderato, la stanchezza di stare in piedi sul ponte (quelli più esperti si erano presi tutte le poltrone) e il sonno mi hanno distrutto, tanto da farmi dire a voce bassa e fra i denti, ma chi me la ha fatto fare, non viaggerò mai più in vita mia.
Era da poco passata mezza notte e cominciavo a vedere le sirene come Ulisse, quando la nave cominciò ad "abboccare" (1) e nonostante la nave si fosse messa "alla coppa" (2), la prua si alzava cavalcando l'onda, ma no come chi approfittare del momento, io stavo a prora e vedevo dietro di me un onda alta almeno quanto una casa di tre piani.
Poi la nave scendere in picchiata e alzare la prora, a quel punto attorno a me vedevo solo il cielo e la gente che vomitava, io mi appoggiavo alla "battagliola" (3) e provavo a seguire il movimento della nave per non vomitare quella meravigliosa frittata col prezzemolo, ma spesso dovevo cambiare posizione, per evitare gli spruzzi di vomito trasportati dal vento.
Ad un tratto mi sono accorto di avere perso i contatti con i miei, ci siamo ritrovati nei bagni a vomitare uno accanto all'altro, alla fine avevo perso il ritmo e con quello alche la frittata, è stato in quell'occasione che ho capito che cosa significa sputare l'anima, avevo vomitato di tutto, persino i succhi gastrici, era rimasta solo l'anima ed era uscita pure lei, ma ho avuto un attimo di lucidità e l'ho ricacciata dentro.
Ma si sa che tempo e brutto tempo, non dura sempre lo stesso tempo e così attorno alle otto del mattino il mare forza 9 che avevamo incontrato si è calmato e siamo potuti entrare in porto, portando un paio d'ore di ritardo, abbiamo messo piede a terra attorno alle dieci, con l'olezzo di vomito addosso e le facce cadaveriche che non vi dico.
Ad aspettarci c'era quell'amico di zio Tanino, ci ha chiesto del viaggio, ha sorriso per quanto ci era capitato e poi guardandoci bene ha esclamato: ... ma vuje a tenite a fame ?

(1) tagliare le onde con la prua infilandovi quasi dentro
(2) mettersi in posizione per evitare il maltempo
(3) il corrimano della ringhiera che corre attorno alla nave

Foto tratte dal web.

1 commento:

  1. Salvo sei fantastico! Come sempre riesci a raccontare ironicamente ma anche in poesia le sfumature di una vita apparententeme normale ,fatta di cose e di gesti,che vissuti al momento sembrano passare inosservati ma ad oggi anno un valore inestimabile. ...continua così non vedo l'ora di leggere ancora quello che hai da raccontare....sei forte.... un abbraccio Rossana.

    RispondiElimina